Cronaca

Case popolari, il Riesame: Pasqualini non vicino alla Scu

LECCE-La Procura di Lecce, con i pm Roberta Licci e Massimiliano Carducci aveva chiesto l’aggravamento delle misure cautelari per alcuni dei principali indagati nell’inchiesta “case popolari” con un appello al Riesame. I giudici avevano accolto in parte le richieste ma avevano confermato quasi del tutto le misure cautelari. Oggi, dopo 45 giorni dalla discussione, il 9 ottobre scorso, sono state depositate le motivazioni. Per l’ex assessore Luca Pasqualini la Procura aveva chiesto la custodia cautelare in carcere e non ai domiciliari, come invece disposto dal gip. Secondo i pm la posizione di Pasqualini doveva ritenersi differenziata da quella degli altri indagati “Dal momento che depongono in senso irrimediabilmente negativo i plurimi contatti con esponenti della della criminalità organizzata, appartenti alla Scu, di rilevantissimo spessore criminale, emergendo anche la disposizione da parte dell’indagato di alloggi popolari per i detenuti e i familiari di questi ultimi“. Secondo il Riesame invece “Questi contatti non possono essere valorizzati per ritenere Pasqualini diverso dagli altri indagati, che rivestono una posizione apicale all’interno del sodalizio. Anche perchè i contatti tra Pasqualini e alcuni affiliati del clan Bringanti si fermano a dialoghi del 2012 e dopo non vi è traccia. Né assume rilevanza la circostaza del sequestro nel 2015 di una lettera manoscritta in arrivo dal carcere di Sulmona da parte di un detenuto che che sollecitava Pasqualini per trovare un’abitazione più grande alla moglie“. Ecco perché i giudici hanno ritenuto adeguati gli arresti domiciliari. Sono state accolte invece le richeste dei pm di contestare alcuni capi d’imputazione tra cui la corruzione riferito ad un episodio: quello riguardante i rapporti tra l’ex assessore e la titolare di un supermercato a cui vengono assicurati gli stalli di carico e scarico delle merci. Secondo i giudici “Pasqualini dispose gli stalli in cambio della promessa di voto”.

Per Attilio Monosi il Riesame ha ritenuto fondato l’appello della Procura che aveva contestato la decisione del gip di non riconoscere il reato di corruzione in alcuni episodi, tra cui l’assegnazione degli alloggi di via Potenza. Secondo i giudici dalle conversazioni intercettate emerge che “Sia Monosi che Monica Durante hanno piena consapevolezza che gli alloggi, non ancora ultimati, siano stati assegnati illegittimamente. Così come- secondo i giudici- è sintomatica di un accordo “corruttivo” la frase pronunciata dalla Durante in una conversazione con Monosi : “sono tanti anni…non abbiamo fatto poco.. abbiamo fatto più degli altri, forse più della metà della città”. Il rapporto corruttivo tra i due verrebbe inoltre confermato dal fatto che la Durante veniva accontentata dal politico in ogni sua richiesta, anche banale e futile, attinente alla sua vita quotidiana: ad esempio il pagamento delle bollette Enel, o la vicina di casa che stendeva i panni e le davano fastidio: lui le avrebbe suggerito di fargli recapitare immediatamente la lettera di protesta in modo da provvedere. E ancora, i biglietti delle giostre, le siringhe nel garage: come contropartita la promessa di voto di un elevato numero di persone. Il Riesame ritiene fondato anche l’appello della Procura sul capo d’imputazione che riguarda la corruzione per atti contrari ai doveri d’uffico nei rapporti tra Monosi e Diego Monaco, ritenuto importante collettore di voti, rappresentante del “gruppo degli abusivi”, capace di orientare il consenso elettorale . “La scelta di Monosi di far sospendere l’esecuzione degli asfratti per gli abusivi non può- secondo il Riesame- come invece sostenuto dalla difesa, rientrare in una generale linea politica adottata dall’amministrazione comunale. E’ il Monosi che si assume la paternità della decisione di bloccare sine die tutti gli sfratti degli occupanti, come emerge dalle intercettazioni”.

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