SQUINZANO – Non si approfittò dell’anziano che assisteva per sottrargli grosse somme di denaro. Si trattava invece di donazioni che l’uomo gli aveva elargito spontaneamente, nel pieno delle sue capacità mentali.
La corte d’appello di Lecce, presieduta dal giudice Pietro Baffa, nelle scorse ore ha ribaltato la sentenza di primo grado e assolto con formula piena, perché il fatto non sussiste, Antonio Blasi, 58enne di Squinzano, imputato con l’accusa di appropriazione indebita. I giudici hanno accolto le tesi sostenute dal suo avvocato difensore Paolo Spalluto che si era appellato dopo la condanna, in primo grado, ad un anno e 8 mesi di reclusione oltre alla restituzione delle somme incassate: oltre 400 mila euro.
I fatti risalgono al 2010. In virtù di una serie di deleghe bancarie da parte dell’anziano che assisteva, Blasi avrebbe prelevato, a più riprese, denaro dal conto dell’uomo per versarlo su un altro intestato a lui. Alla morte dell’anziano gli eredi, fratelli e nipoti, si erano rivolti ai giudici accusando Blasi di aver raggirato l’anziano per incassare tutto il suo patrimonio.
La circonvenzione d’incapace è stata però smentita dalle consulenze tecniche e dalle testimonianze.
Secondo i giudici di primo grado, che condannarono l’uomo, il 58enne avrebbe in tempi diversi e con più azioni, abusato della relazione di prestazione d’opera, cioè la cura e l’assistenza dell’uomo, incassato i suoi risparmi, ma anche titoli finanziari, obbligazioni e titoli di Stato. In Appello le cose sono andate diversamente e i giudici hanno accolto la tesi del suo legale che ha dimostrato come la persona defunta fosse stata assistita con cura dall’imputato, senza che mai nessuno se ne fosse lamentato, neanche i fratelli.
“Non c’erano buoni rapporti con il resto della famiglia -ha sostenuto l’avvocato Spalluto- e questo ha portato l’anziano benestante a donare il suo patrimonio all’amico più giovane.”