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Università, assegnisti di ricerca precari sempre

LECCE – Precari sempre. Un’assegnista di ricerca dell’Università del Salento ha provato a farsi riconoscere un contratto a tempo indeterminato, dopo gli incarichi di collaborazione rinnovati prima ogni due anni e poi ogni anno con continuità dal 2004 al 2011. Ma nulla.

La ricercatrice, assegnista presso il Dipartimento di Scienze Sociali e della Comunicazione, ha trascinato in tribunale sia il Ministero dell’Istruzione, che non si è costituito in giudizio, sia l’Universita’ del Salento. Ha chiesto di riconoscere la conversione dei vari rapporti a tempo determinato in un unico rapporto non a termine, con richiesta di condanna dell’Ateneo alla sua assunzione a tempo indeterminato con ricostruzione della anzianità maturata anche ai fini previdenziali e contributivi e con risarcimento del danno pari a venti mensilità di retribuzione.

A suo dire, il rinnovo ininterrotto degli incarichi biennali per circa sette anni avrebbe avuto solo la finalità di eludere le norme per cui i contratti a tempo non possono superare 36 mesi.
Ricorso infondato, secondo il Tar di Lecce, che si è espresso con sentenza qualche giorno fa.
“Difettano tutti i presupposti necessari alla costituzione del rapporto di pubblico impiego – hanno scritto i magistrati – atteso che la ricorrente non ha mai superato alcun concorso per l’accesso al ruolo di Ricercatore universitario, non potendosi in proposito ritenersi equipollenti le procedure valutative per il conferimento di incarichi di collaborazione di ricerca”.

Le strade per ricercatori universitari e assegnisti, infatti, sono diverse non solo sotto il profilo normativo. Diversi sono i compiti: gli assegnisti, ad esempio, non possono svolgere incarichi di docenza e di didattica. Inoltre, l’assegnista non ha vincoli di orario né di subordinazione, configurandosi come rapporto di lavoro autonomo e di diritto privato con l’Università.

Alla soglia degli otto anni, limite massimo per il rinnovo, all’assegnista sono rimaste dunque le briciole. Per il tribunale, però, “non poteva non essere a conoscenza dei contenuti degli effetti dei provvedimenti, compresa l’espressa esclusione di ogni effetto utile ai fini della assunzione nei ruoli del personale docente dell’Università”.

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