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Gasdotto, i sindaci: alla Procura elementi per sequestrare anche cantiere di San Basilio

MELENDUGNO-  Dopo il sequestro di un pezzo del cantiere Tap, a Melendugno, il prossimo passo è già chiaro per gli otto sindaci che hanno fatto riaprire l’inchiesta sul gasdotto: nei prossimi giorni non solo si opporranno alla richiesta di dissequestro che la multinazionale sta preparando, ma chiederanno di estendere i sigilli anche all’area di San Basilio, dove vanno avanti i lavori, per le stesse ragioni che hanno portato a mettere sotto chiave i quattro ettari di contrada Le Paesane. Il Comune di Melendugno, poi, si costituirà parte offesa in questa inchiesta bis.

“Lottiamo da sei anni sempre chiedendo rispetto della legalità. I primi 231 ulivi – dice Potì – sono stati espiantati in un periodo non autorizzato. Ci furono denunce in Procura da parte di cittadini, diffide ad agosto e ottobre. Per noi è la reiterazione di un atteggiamento non legale e corretto. Chiederemo alla Procura di far luce su quanto avvenuto lo scorso anno anche in zona San Basilio, dove Arpa ha rilevato irregolarità nella gestione di rifiuti e acque di falda e criticità sono state riscontrate dal Noe. Porteremo al pm altre motivazioni da prendere in considerazione anche per località San Basilio. Ci sono i presupposti per sequestrare pure quell’area. Ora sentiamo che il clima è cambiato in generale e le proteste finalmente sono prese in considerazione. Non siamo più considerati pericolosi terroristi ma cittadini che vogliono dire la loro per il futuro delle popolazioni interessate”.

Il sindaco Marco Potì lo annuncia durante la conferenza stampa convocata nell’aula consiliare alla presenza, tra gli altri, di due europarlamentari, del Movimento NoTap e di quelli considerati “cugini”, No Tav e No al Carbone di Brindisi. Una battaglia a doppio binario, dunque. Almeno sul fronte istituzionale. Una fatta sul territorio, dove, stando a quanto affermato da Potì, “il vento pare essere cambiato e la Procura inizia a darci ascolto”, e l’altra sul fronte europeo.

È su quest’ultimo che proseguono le iniziative avviate da eurodeputati come Eleonora Forenza, espressione della Sinistra europea: “Il primo nodo – dice – è il grande prestito concesso a Tap da Bei, Banca europea degli investimenti. Abbiamo presentato una interrogazione visto che per la realizzazione dell’opera sta concedendo 1,5 miliardi, uno dei più grossi prestiti mai concessi. Abbiamo sollevato questioni fondamentali: la prima riguarda le ombre della criminalità sul consorzio, la seconda che si tratti con governi come Azerbaijan e Turchia su cui gravano pesanti dubbi in fatto di democrazia e diritti umani. La Bei ci ha risposto parlando di una cooperazione tra UE e quei Paesi, cosa che riteniamo pericolosissima. Poi, altro nodo è il rispetto della Convenzione Aarhus per il coinvolgimento della popolazione nelle decisioni. E c’è la questione energetica: da questo punto di vista, valutare tutte le dispersioni previste nella costruzione del gasdotto dovrebbe essere preoccupazione non secondaria dell’Ue”.

Assieme a Forenza, a Melendugno, c’è anche Rosa D’Amato, europarlamentare del M5s, per la quale bisogna continuare ad insistere al di là delle motivazioni geopolitiche che Bruxelles continua ad opporre: “Per la Commissione – dice – il gas è necessario per l’emancipazione da quei Paesi da cui l’Ue si rifornisce, senza pensare che il gas di Tap, però, passa da Azerbaijan, Georgia e Turchia che tranquilli non sono. Ora, useremo anche questo sequestro e altre informazioni che ci arrivano dal cantiere, dove i lavori stanno continuando ma sappiamo con fortissimi problemi e, a nostro avviso, in maniera non regolare”.

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