Il cemento “mangia” le coste: ecco le località più ferite

LECCE – Il cemento continua a divorare le coste salentine e pugliesi: il 56 per cento (454 chilometri) degli 810 chilometri di litorale regionale risulta già urbanizzato e trasformato da costruzioni legali o abusive. A suonare il campanello d’allarme è stata Legambiente con il libro “Vista mare. La trasformazione dei paesaggi italiani costieri”. All’interno anche un report che è un vero schiaffo per i Comuni salentini, che ancora non sentono l’urgenza di cambiare modello di sviluppo recependo le indicazioni del Piano paesaggistico regionale.

I centri in cui si registrano le trasformazioni più rilevanti sono Santa Cesarea Terme, San Gregorio e Lido Marini. Risultano quasi raddoppiati i suoli occupati dai tessuti di Torre Mozza, Baia Verde e Sant’Isidoro, nel Leccese, per la creazione di insediamenti turistici. Diversi sono gli interventi infrastrutturali, che hanno riguardato la trasformazione delle foci di alcuni fiumi e l’ampliamento di diversi porti: tra questi anche Santa Maria di Leuca.

Lo studio dell’associazione, attraverso scatti satellitari ravvicinati, documenta come le costruzioni abbiano invaso i litorali, anche in barba alla Legge Galasso approvata nel 1985 e che prevede un vincolo di tutela per le aree costiere fino a 300 metri dalla linea di costa.

Seconde case, strutture ricettive, turistiche e ville di lusso: un’espansione senza freni, spesso favorita anche dall’inadeguatezza degli strumenti urbanistici, mai aggiornati da 40 anni a questa parte.

Da sottolineare – dicono da Legambiente – è anche la crescita di centri che sono alle spalle della costa e che hanno influenzato la trasformazione di tratti costieri sui quali insistono, con costruzioni lungo le strade di accesso”. Un esempio eclatante è ciò che c’è immediatamente a ridosso del tratto di costa che va da Santa Maria di Leuca a Taranto.

Così la Puglia ha visto scomparire in 24 anni 50 chilometri di aree agricole lungo il litorale.

 

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