Ambiente

Bonifica siti inquinati, sul piatto 68 milioni di euro. Corsa dei Comuni

LECCE- Sul piatto ci sono 68 milioni di euro e serviranno a bonificare siti inquinati, come le ex discariche comunali cadute nel dimenticatoio dei Comuni, che spesso hanno detto di non avere i soldi per risanarle. Ora, però, devono correre, per non perdere anche questo treno.

La Regione Puglia valuterà i progetti, che devono essere già in fase di predisposizione avanzata, e poi scucirà quei soldi di cui soprattutto il Leccese ha estremo bisogno, essendo tra i vari territori quello con più alta concentrazione di siti su cui non si è mai intervenuti, come risulta dal Piano Bonifiche del 2011. Tra quelli, solo per fare degli esempi, ci sono le ex discariche di contrada Matine di Alessano e Tricase, diventate famose perché lì sopra sarebbe dovuta passare la nuova 275 e la cui scoperta, grazie anche alla testimonianza resa a Telerama da un ex operaio su tombamenti illeciti, ha portato a un’inchiesta della Procura e a rimettere in discussione quel progetto della statale. C’è poi, sempre a mo’ di esempio, la discarica sequestrata di Cutrofiano, condivisa con Sogliano, o quella di Castellino, a Nardò, e un elenco di siti ignorati dagli stessi sindaci eppure censiti già a partire dal 1994 dall’Enea.

L’avviso, rettificato da poco, della Regione prevede che 24,3 milioni di euro siano messi a disposizione per interventi di messa in sicurezza di emergenza o misure di prevenzione di siti interessati dalla presenza di sorgenti primarie o secondarie di contaminazione. 3,5 milioni di euro sono destinati alla progettazione ed esecuzione di piani di caratterizzazione, vale a dire le indagini con analisi che si fanno a monte per capire quanto può essere contaminato quel sito e quanto si rischia intorno. La porzione più grossa, invece, pari a 40,8 milioni di euro, è relativa a progetti di bonifica e messa in sicurezza permanente di aree contaminate, siti industriali dismessi, discariche abusive, discariche dismesse esercite in forza di ordinanze contingibili e urgenti, tutte quelle, cioè, aperte dal 1984 fino agli inizi degli anni ’90 senza alcun criterio, spesso in vecchie cave, i cosiddetti “buchi”.

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