TARANTO- Guadagnare meno, ma con la certezza di un contratto. E’ l’esperimento Taranto, la sfida contro il lavoro nero lanciata dalla Cgil ionica con il nuovo contratto integrativo provinciale del settore agricolo e florovivaistico, un patto tra aziende e organizzazioni sindacali.
La contrattazione è durata 17 mesi ed è stata pensata anche come argine al caporalato e allo sfruttamento, preservando il buon nome dell’agricoltura pugliese.
La formula di contratto sperimentale prevede uno slittamento dei salari dal mansionario agricolo. In pratica, si tratta di un contenuto ribasso salariale a fronte della certezza dell’applicazione del contratto, di una garanzia sul reddito e di un censimento più preciso sulle attività in campagna che si svolgono in provincia. È anche un modo per poter censire, come spiegato dalla Flai tarantina, quali sono le aziende che aderiscono al contratto così strutturato e quali quelle che, non aderendo di fatto, dovrebbero attuare il contratto nazionale con formula piena e quindi procedere ad assunzione conseguenti.
La via sperimentale, dunque, consente alle aziende di abbassare leggermente i costi a fronte di una trasparenza massima sulle operazioni di ingaggio del personale, anche perché tutto dovrà essere comunicato in tempo reale all’Ente Bilaterale neo costituito del settore e da qui all’Osservatorio provinciale sul lavoro agricolo.
Insomma, un compromesso vero e proprio, che dovrebbe riguardare, solo nella provincia di Taranto, 30mila lavoratori.