Cronaca

“Alle fimmene pizza e mazzate”: sgominata banda di caporali

BRINDISI – “Alle femmine pizza e mazzate ci vogliono, altrimenti non imparano”. “Femmine, mule e capre, tutte con la stessa testa”. Così le braccianti salentine arruolate nei campi del Barese venivano considerate dai presunti caporali arrestati in mattinata a Villa Castelli, in provincia di Brindisi. Le intercettazioni svelano l’abisso di crudezza che ha regolamentato i rapporti di lavoro nelle campagne, attraverso un sistema oliato di sfruttamento.

Quattro persone sono finite in manette, in seguito all’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Brindisi eseguita dai carabinieri di Francavilla Fontana. Si tratta di due coniugi di Villa Castelli, Michelangelo Ciro Veccari, di 46 anni, e Valentina Filomeno, 42; di una lavoratrice agricola, Grazia RICCI, 61enne di Palagiano, e della dipendente di una ditta operante nel settore agricolo, Maria Rosa PUTZU, 42enne di Turi. A loro carico l’accusa è di concorso in intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro pluriaggravati, reati introdotti dalla normativa anticaporalato.

A dare manforte alle indagini i video che hanno documentato le modalità di arruolamento: le lavoratrici venivano fatte salire su un vecchio autobus, a Villa Castelli, Palagiano e Grottaglie, in piena notte. Almeno 15 le braccianti costrette a prestazioni lavorative superiori a quelle previste, con punte anche di 12 ore giornaliere, e con retribuzioni palesemente sproporzionate rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro effettivamente prestato. Straordinari e festività non erano pagate. Non solo, le donne erano anche obbligate a sborsare ogni giorno 8 euro come corrispettivo per l’intermediazione. Non si poteva neppure andare in bagno senza il permesso della coppia Filomeno-Veccari. Le altre due indagate, Ricci e Putzu, secondo gli inquirenti, erano incaricate di reclutare la manodopera e di riscuotere quegli otto euro pretesi dai presunti caporali, versamento obbligatorio, pena la mancata corresponsione della paga.

Le indagini sono state avviate nel 2015, dopo la denucia di due donne finite nel tritacarne delle vessazioni capestro, che avrebbero portato le lavoratrici anche a interrompere i rapporti di lavoro con le agenzie e affidarsi al sistema parallalelo: “Con l’agenzia lavori un mese, con noi lavori sei mesi, otto mesi”, spiegava, infatti, uno degli arrestati intercettati.

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