TARANTO- Ilva passa alla joint-venture composta da ArcelorMittal e Marcegaglia: il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ha firmato il decreto di aggiudicazione del Gruppo ad Am Investco.
Dopo mesi di proteste e nonostante gli scioperi degli operai, la svolta nelle scorse ore. L’Ilva è dal 2013 in amministrazione straordinaria e ora finisce nelle mani del colosso anglo-indiano ArcelorMittal, uno dei maggiori produttori di acciaio in Europa. Ora, per il passaggio definitivo di consegne manca solo il via libera dell’Antitrust Ue.
L’investimento sul siderurgico di Taranto si aggira intorno ai 4 miliardi di euro, cui 1,25 per i risanamenti ambientali.
Critici i Verdi, nelle scorse ore: “si sta cedendo l’Ilva alla cordata che investirà meno in ambiente”, hanno detto.
Ma il Mise ha tirato dritto: “In conformità a quanto previsto dalle regole di gara – spiega in una nota – si svolgerà immediatamente una fase negoziale in esclusiva tra i commissari straordinari e l’aggiudicatario finalizzata ad eventuali miglioramenti dell’offerta vincolante, come previsto dalla procedura di gara. Il decreto del ministro indica le priorità sulle quali i commissari dovranno svolgere tale negoziazione”.
Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano è duro: “Il ministro Calenda ha firmato il decreto di aggiudicazione del Gruppo Ilva ignorando le richieste formulate dai sindacati di un ulteriore confronto. Ignorando, inoltre, i contenuti del rilancio operato dall’altra cordata e rinunciando di fatto a migliorare, attraverso una ulteriore competizione nell’interesse di ambiente e lavoratori, le proposte in campo. Rimangono degli interrogativi sospesi: quando avrà inizio l’opera di ambientalizzazione più volte rivista? Non entro il 30 settembre dal momento che sarà difficile che la commissione europea possa esprimersi entro quella data sulla potenziale sovraproduzione del gruppo Mittal. Chi assicura che Mittal non abbandoni l’operazione nel caso in cui la commissione europea ponga condizioni non più convenienti? Chi garantirà il mantenimento degli impegni occupazionali (già oggi assolutamente insoddisfacenti) nel caso in cui la commissione europea abbassi sensibilmente la produttività di Ilva? È stato valutato il costo per la collettività del tempo necessario alla commissione per esprimersi? Chi garantirà la continuità aziendale in questo lasso di tempo, che potrebbe essere anche lunghissimo? E a che costo, visto il totale spregio del piano ambientale di fatto sospeso dalla firma del decreto? Ancora una volta motivazioni imperscrutabili finiscono per ripercuotersi sulla comunità tarantina e pugliese. Nulla nella firma del decreto risulta razionale o anche solo logico. Nulla nella fretta indiavolata del ministro Calenda risulta aver, anche incidentalmente, valutato gli effetti della sua decisione sulla vita dei tarantini. Con una sola firma sono state mortificate le legittime aspirazioni di una città e di un asset strategico del paese. Uno sconcertante esempio di pressapochismo politico rischia di mettere la parola fine alla storia dell’Ilva e alla speranza di ambientalizzare il controverso simbolo di Taranto”.