Cronaca

Sangue e mafia, così Montedoro voleva prendersi Casarano: 14 fermi

CASARANO- Un decreto di fermo urgente per 14 persone, un’indagine che avrebbe potuto proseguire alla ricerca di ulteriori prove, ma che si è dovuta fermare per salvare la vita a quella che sarebbe stata la prossima vittima del clan mafioso guidato da Tommaso Montedoro che dai domiciliari a La Spezia teneva le fila del sodalizio.  E aveva già deciso la condanna a morte di Ivan Caraccio, ritenuto troppo autonomo nello spaccio della droga. Nelle intercettazioni i carabinieri hanno ascoltato tutta preparazione dell’omicidio: il recupero delle armi, la scelta del luogo senza la copertura telefonica, persino i teli bianchi da usare per non lasciare sul terreno tracce di sangue. Doveva essere una lupara bianca.  In una conversazione Montedoro raccomanda di non ripetere gli errori fatti con il biondo, cioè Spennato, che la morte infatti l’aveva scampata per un soffio.  Caraccio è stato arrestato il 18 maggio, dopo essere stato trovato con la droga nascosta nel water. Gli hanno salvato la vita così, ma presto sarebbe uscito.  Per questo all’alba è scattato il blitz dopo un anno e mezzo di indagini partite dall’omicidio di Augustino Potenza ma che la vera svolta l’hanno avuta con il tentato omicidio di Luigi Spennato, al momento l’unico sul quale si è fatta davvero luce: Montedoro è stato il mandante, i cugini  Luca del Genio, 26 anni e Andrea Antonio del Genio 31, entrambi di Casarano, gli esecutori materiali. La prova dello stub fatta subito dopo ha portato le conferme. Le armi usate sono diverse rispetto all’omicidio di potenza, ma la mano potrebbe essere la stessa, come lo stesso è lo scenario nel quale i terribili fatti di sangue si inquadrano. Potenza viene ucciso perché Montedoro voleva il monopolio sul mercato degli stupefacenti: eroina soprattutto, che permetteva al clan guadagni da capogiro, oltre 750 mila euro in pochi giorni, 40 mila in contanti quelli sequestrati all’alba durante le perquisizioni.  Altra fonte di approvvigionamento le spaccate ai bancomat: quelli di Tuglie e di Matino. Nelle intercettazioni i personaggi parlavano liberamente, convinti di non essere ascoltati, ignari del fatto che il meccanismo usato, l’intestazione di decine di schede ad ignari cittadini, fosse stato scoperto dai carabinieri del reparto operativo e dal nucleo investigativo che hanno ascoltato ore di conversazioni definite “criminali e mafiose”, tanto che il magistrato inquirente ha detto: “questi si stanno arrestando da soli”. Montedoro era quindi il capo assoluto. Al suo fianco, oltre ai cugini, Marco Petracca, 41 anni, l”unico incensurato, gestore di un outlet a Casarano, il cassiere del clan, e Cosimo Damiano Autunno di Parabita. Gli altri sono Sabin Braho di Brindisi, lo stesso Caraccio, Andrea Cerere di Nardò, Giuseppe Corrado, di Ruffano, Salvatore Carmelo Crusafio di Matino, Eros Fasanoi di Alliste, Eljos Fasku, di Bari, Lucia Domira Marsano di Lecce, Maurizio Provenzano di Cavallino, Lucio Sarcinella, di Casarano.   I decreti di fermo sono stati emessi dalla D.D.A. e le accuse sono di “Associazione mafiosa”, “tentato omicidio aggravato”, “Associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti”, “Detenzione di Armi”, “Ricettazione”, “Furto Aggravato”.

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