TARANTO- “A casa tua mangio”, ‘nfamò’ (infame ndr) e “A murè, okkio” (devi morire, attenzione ndr): sono le scritte minacciose che qualcuno ha lasciato sugli armadietti di Vincenzo De Marco, dipendente dell’Ilva di Taranto, il poeta-operaio come ama definirsi (noto come Vincent Cernia), autore del libro ‘Il mostro di rabbia e d’amore’.
Da tempo l’operaio denuncia le precarie condizioni di sicurezza in cui sarebbero costretti a lavorare i dipendenti. Poi l’amara sorpresa poco prima di iniziare il suo turno di lavoro in fabbrica e che solo in queste ore ha deciso di pubblicare sul suo profilo Facebook: “Cari zerbini di stabilimento – ha scritto – sono dai carabinieri a fare denuncia… Ora andate a riferire. Ci vediamo lunedì, a me il bavaglio non lo mettete…Ritrovarsi senza volerlo nel mezzo di una stupida guerra –continua- ritrovarsi ferito dal fuoco amico di una stupida guerra, perché ogni guerra lo è, specie quelle tra amici-nemici… Questo mi fa paura, restare ferito dal fuoco amico nel mezzo di una stupida guerra tra amici”.