CronacaEconomia

Frutti minori e frutta secca, dal Psr i fondi per la nuova agricoltura

LECCE- L’opportunità per l’agricoltura salentina si chiama frutti minori: noci, fichi, peri, melograni, susini, agrumi, giuggioli, cotogni, gelsi, ma anche capperi, biodiversità che nel tempo è andata persa e che il nuovo Psr potrebbe contribuire a reintrodurre e a rendere nuova leva economica, grazie ad apposite misure di finanziamento previste. Non si va allo sbaraglio: esistono già lavori di ricerca scientifica che esplorano le diverse varietà di frutti, un tempo coltivazioni familiari molto diffuse nel Salento.
“La ricerca – ha spiegato Francesco Minonne, direttore del Parco Otranto Leuca – può essere di grande ausilio per aiutare gli agricoltori ad investire in impianti produttivi che facciano riferimento ad una base genetica autoctona, ma che nello stesso tempo abbiano appeal per il mercato, penso ad una cultivar di pera di pezzatura adatta alla grande distribuzione, o a un tipo di fico particolarmente gustoso e richiesto”.

Nelle scorse ore, gli agricoltori sono stati chiamati a raccolta nella sede di Coldiretti Lecce proprio per capire come orientare i propri investimenti, partendo dal presupposto che ad oggi resta in piedi il divieto di impianti di nuovi ulivi a causa dei vincoli derivanti dalla normativa su Xylella. Dunque, si prova a capire come muoversi e se, oltre a provarle tutte nella cura degli oliveti, un’altra strada da affiancare c’è.

Altra prospettiva allettante per il Salento, a detta degli addetti ai lavori, è quella della frutta secca, mercato al momento appannaggio degli Stati Uniti. La sola California vanta 200mila ettari di noce e 500mila ettari di mandorlo. Idem per il Cile, che sta intensificando sempre più la produzione. La domanda tuttavia continua a crescere, da quando si sono aperti i mercati cinese e indiano. Per Luigi Catalano, coordinatore nazionale di Civi Italia, il centro interprofessionale per le attività vivaistiche, “il Salento può guardare con interesse ad alcune coltivazioni adatte al territorio, come il nocciolo, il mandorlo, il pistacchio, il pecan”.

Da tempo l’Università di Bari sta lavorando ad una serie di caratterizzazioni genetiche e all’ampliamento delle banche di germoplasma delle specie tipiche del territorio. Lo sguardo è rivolto anche al paesaggio, strettamente collegato all’attivita rurale e dunque la bellezza del territorio, ciò che dipenderà anche dalla biodiversità che sarà coltivata nei prossimi anni.

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