
LECCE- Dopo un quarto di secolo, si apre il processo sull’omicidio della piccola Angelica Pirtoli e di sua madre Paola Rizzello, di 27 anni. Alla sbarra l’unico imputato, Biagio Toma, che risponde di concorso in duplice omicidio volontario aggravato dalla crudeltà. Contro di lui pesano come macigni le accuse del collaboratore di giustizia, il cognato Luigi De Matteis.
La prima udienza si è svolta in mattinata in Corte d’Assise, presieduta dal giudice Roberto Tanisi. Sono state affrontate le questioni preliminari e sono state ammesse le prove richieste dal pm Elsa Valeria Mignone. La Corte, infatti, ha respinto l’opposizione della difesa all’acquisizione della perizia sulle consulenze presentate nel corso del primo processo. La prossima udienza è stata fissata per il 9 giugno, data in cui verrà ascoltato proprio il pentito De Matteis, che ha scelto invece di farsi giudicare con il rito abbreviato.
È stato lui a svelare i dettagli di quell’atroce delitto consumatosi la sera del 20 marzo 1991, raccontando che la bimba sarebbe stata presa per i piedi per farla sbattere con la testa contro il muro, quattro-cinque volte, fino a fracassarle il cranio. Una sequenza agghiacciante, ricostruita pezzo per pezzo nelle indagini del Ros, quelle che il 1° marzo dello scorso anno hanno portato alla notifica dell’ordinanza di custodia cautelare per Toma, che stava finendo di scontare nel carcere di Trani una pena a 3 anni e 8 mesi per estorsione. Quel provvedimento venne firmato dal gip Simona Panzera, su richiesta del pm Giuseppe Capoccia.
“Il caso più nero nella storia della SCU”, così è stato definito l’omicidio di Parabita. De Matteis aveva parlato già nel maggio del 1999, lasciando ammutoliti i giudici della Corte d’Assise di Lecce: “Nnu la facia chiui cu tegnu questo segreto qua, anche perché ci ho due figlie ed ogni volta che io le guardavo…”. La sua confessione piena, con riferimenti espliciti anche a Toma, non aveva trovato riscontri fino alla testtimonianza di un altro pentito, nel maggio 2014: raccontò di un “sacco da spostare”. Un cadavere, cioè. Anzi due, quelli ritrovati nel 1997 e nel 1999. Così gli inquirenti hanno ripreso in mano la matassa.
Secondo l’impianto accusatorio, Angelica venne uccisa perché il ritrovamento della piccola, in quel casolare di campagna, avrebbe detto a chiare lettere dell’uccisione di sua madre, colpita da due colpi di fucile. A pianificare l’omicidio della donna sarebbe stato Donato Mercuri, amante di lei, ma la condanna a morte l’avrebbe impartita direttamente Luigi Giannelli, a capo del clan di Parabita. Perché Paola sapeva troppo, anche per aver avuto una relazione con lui. E perché Paola faceva troppe domande, come quelle su Luigi Calzolari, suo fidanzato fatto fuori nel 1985. Tutti sono già stati condannati all’ergastolo. Tutti tranne, appunto, finora, Biagio Toma.
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