Cronaca

Da Brindisi a Lecce: ecco le mappe del “viaggio” dei veleni industriali

LECCE/BRINDISI –Che il nord della provincia di Lecce subisca passivamente i fumi degli impianti industriali di Brindisi era risaputo, ma in che misura e a cosa è maggiormente esposto ancora no. A dirlo sono una ventina di mappe, che rendiamo note per la prima volta, attraverso le quali Arpa Puglia, con riferimento al 2010, ha simulato annualmente la concentrazione al suolo di macroinquinanti convenzionali (SO2, NOx, benzene, PM10 e PM2.5) e dei microinquinanti organici (diossine, PCB e IPA) ed inorganici (metalli).
Sono contenute nel rapporto di Valutazione del danno sanitario, previsto dalla legge regionale 21/2012 anche per l’area di Brindisi, oltre che di Taranto. Racconta dell’esposizione ambientale della popolazione alle emissioni inquinanti delle aziende Enel, Enipower, Versalis, Basell, Sanofi, Sfir e Agusta e del rischio sanitario per la popolazione che inala quelle sostanze.

Dicono che il benzo(a)pirene, idrocarburo di per sé cancerogeno, soffoca Torchiarolo e lambisce Squinzano; il Neftalene ha il suo epicentro attorno a Cerano e investe in pieno Squinzano, Campi e Trepuzzi. Ancora peggio va per le diossine ( Pcdd/F: policloro-dibenzo-p-diossine, famiglia di diossine), che arrivano, complici i venti, fino a Monteroni, Surbo, San Cesario, Carmiano, Novoli e Lecce.

Il Pcb, altro cancerogeno, ha punte fino a Cavallino, Leverano e Copertino, così come il Cobalto. Peggiore la dispersione di Piombo e soprattutto Arsenico, che si inoltra fino a San Donato e ha valori elevati a Torchiarolo, Squinzano, Campi e Trepuzzi. È sull’Arsenico che ha posto l’accento anche la Asl di Lecce, nella presentazione del primo rapporto Ambiente e Salute della provincia, proprio perché si tratta di un cancerogeno potenzialmente correlabile a tumori al polmone e vescica, quelli che maggiormente colpiscono i leccesi. Nel 2010, Arpa stimava 72,2 kg/anno prodotti da Enel e 11 da Enipower, un dato incongruente se confrontato con quello di altre centrali termoelettriche a carbone, come quella di Fusina, in Veneto (354 kg/anno), di Piombino, in Toscana (121), di Fiumesanto (147) e Sulcis (240). Dati che non tornano, secondo la Asl, che ha chiesto ad Arpa un approfondimento dei monitoraggi su questo metallo dalla centrale Federico II e dall’Ilva di Taranto, rispetto alle simulazioni del 2010.

Mentre Benzene, Berillio, Vanadio e Cromo rimarrebbero in maniera più puntuale nel Brindisino, lo sfondamento della linea leccese ci sarebbe, ancora, per Cadmio, Nichel, Manganese, Selenio, Ammoniaca e peggio va poi per l’Acidofluoridrico, prodotto da Enel in 205 t/anno.

Le simulazioni tengono conto anche delle variazioni del flusso e della turbolenza atmosferica nello spazio e nel tempo, aggiungendo che sono stati presi in considerazione non i peggiori ma i migliori dati emissivi.

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