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Ufficio tributi: il Comune ha pagato un doppio affitto? Il fascicolo alla Corte dei Conti

LECCE- Il fascicolo sulla vicenda dell’ufficio tributi e il doppio affitto che sarebbe stato pagato dal Comune di Lecce finirà nelle mani della Corte dei Conti. In mattinata, nella seduta della commissione controllo sono emersi i dettagli, a cui l’assessore al ramo, Attilio Monosi, ribatte punto per punto.
I fatti: la vecchia sede dell’ufficio, in via Palumbo, è stata venduta da Palazzo Carafa per 2,4 milioni di euro nel 2011, con un accordo che prevedeva di liberare l’immobile entro dieci mesi, quelli in cui il Comune sarebbe rimasto in quel fabbricato a titolo gratuito. Se ne è andato, però, dopo 36mesi, pagando nel frattempo un affitto totale di 384mila euro. Si è trasferito in un’altra sede, non di proprietà, quella di piazza Partigiani, dove nel frattempo aveva iniziato a pagare un altro affitto. C’è stata una sovrapposizione? C’è stato uno spreco e dunque un danno erariale? Lo accerterà la giustizia contabile.

Il presidente della commissione controllo, Antonio Rotundo, riferisce che in mattinata è stato confermato il dettaglio per cui, per un periodo di poco meno di dieci mesi, il Comune ha pagato contemporaneamente circa 15mila euro al mese per l’immobile di via Palumbo e 10mila euro al mese per l’affitto di quello in cui si è poi trasferito, in piazza Partigiani, per un totale di 25mila euro al mese.

“Su questa sovrapposizione risponderò con dati alla mano appena avrò ultimato la verifica amministrativa – replica Monosi – perché il trasloco è stato articolato sia in temini di trasferimento fisico e catalogazione degli archivi che di servizi, che l’amministrazione ha continuato a garantire durante quella fase. Inoltre – continua – al di là di questi dieci mesi da verificare, il fatto che gli uffici si siano trasferiti dopo non significa che abbiamo pagato di più, perché comunque o per l’una o per l’altra sede avremmo dovuto corrispondere il canone”.

Poi, c’è il capitolo alineazioni: l’immobile di via Palumbo non poteva essere inserito nel piano delle alienazioni, “perché – è stato spiegato in commissione – a norma dell’art. 58 del decreto legge 112/2008 si possono vendere i beni immobili non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali” e l’operazione è stata fatta tra l’altro con atto dirigenziale. “Quell’ immobile era inadeguato per ospitare uffici pubblici per problemi di insalubrità del fabbricato. Per cui – continua Monosi – il costo del ripristino sarebbe stato troppo elevato. Il maggior valore che abbiamo realizzato attraverso l’alineazione avrebbe giustificato la dismissione del bene “area”, non solo fabbricato”. Sul punto, nella prossima seduta dovrebbe essere acquisito il parere del segretario generale Vincenzo Specchia.

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