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LECCE: con Braglia la classe operaia va in paradiso

LECCE (di M.Cassone) – Settecentosettantanove spettatori hanno assistito a Lecce-Matera, gara di Coppa Italia di Lega Pro, che per i primi quindici minuti sembrava un allenamento. Eppure Braglia ha chiesto ai suoi di dare tutto, proprio tutto. La vittoria per 2 a 1 contro i ragazzi di Padalino non permette soltanto di passare il turno di un torneo che non affascina più nessuno, ma aggiunge un tassello al puzzle che il tecnico toscano ha trovato a pezzi e sta ricostruendo col lavoro e con lo zelo del buon padre di famiglia. I calciatori lo seguono, lo ascoltano, si fidano, è palese, si vede da lontano. Si sblocca anche Diop che ha giocato una buona gara. E poi è arrivato il gol di un figlio di Lecce, tifoso del Lecce, Gianmarco Monaco classe ’96, ex capitano della Berretti dei miracoli di Pedro Pasculli, figlio di Walter cuore giallorosso, che con la freddezza del campione mette il sigillo su una gara che difficilmente dimenticherà e fa volare i giallorossi in Calabria, dove l’11 novembre affronteranno il Cosenza nel secondo turno, e sarà la prima gara ufficiale dopo il passaggio societario che sarà sancito definitivamente il 9 novembre nello studio del notaio dott. Rocco Mancuso.

Ora la testa e l’impegno devono essere rivolti alla prossima gara di campionato perché è quello l’obiettivo che sarebbe bello centrare, e c’è ancora tempo per sognare. Al Via del Mare, lunedì, arriverà il Monopoli che venderà cara la pelle, così come hanno fatto tutte le compagini che in questi tre anni e mezzo di Lega Pro hanno giocato contro il Lecce, perché affrontare i salentini è una vetrina all’interno della quale hanno soltanto da guadagnare.

Lecce Mater C INon ci sono gare facili e sembra che Braglia abbia trasmesso, nel miglior modo possibile, questo messaggio ai calciatori. Senza nulla togliere ai suoi predecessori, perché sarebbe ingeneroso, dobbiamo dare atto a quest’uomo dall’apparente scorza dura che ha saputo tracciare la strada per uscire da una situazione di stallo alla quale la squadra era ancorata.

Avanti quindi, a testa bassa, lavorando per continuare a scalare la classifica, per gioire giocando un calcio semplice senza pensare agli assenti, infortunati o squalificati che siano, senza pensare alle negatività, con semplicità, da operai indefessi di una catena di montaggio che fabbrica la seconda lettera dell’alfabeto: la B.

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