LECCE- “Delle decisioni europee non ce ne frega niente. Fino al prossimo febbraio, pianteremo ulivi nelle nostre campagne, per sostituire le piante ormai completamente distrutte e solo quelle. Vedremo se ci verranno ad arrestare”. Il guanto di sfida a Bruxelles è stato lanciato. Il Comitato Voce dell’Ulivo ha intenzione di prendersi di forza la deroga che l’Ue non ha concesso, mantenendo il divieto di reimpianto di tutte le specie ritenute ospiti del batterio Xylella fastidiosa.
L’annuncio è arrivato in mattinata in conferenza stampa, a Palazzo Adorno, dopo il monitoraggio condotto dai volontari-imprenditori su 9.048 ulivi della fascia ionica. Il risultato pare confermare, almeno empiricamente, un’osservazione già lanciata dal Cnr di Bari un anno fa: le piante di leccino, così come quelle di varietà “frantoio”, hanno buona, se non apparentemente ottima, capacità di resistenza al batterio. L’ispezione sul campo ha rilevato che, a dispetto dei 2410 esemplari di Cellina e Ogliarola pesantemente attaccati dal Complesso del disseccamento rapido così come 700 di Carolea, 5147di leccino e 791 di frantoio sono rimaste intatte. Anche se accanto, negli stessi fondi degli alberi con sintomi evidenti di Codiro. Sotto la lente c’è anche la Nocellara del Belice, ulivo siciliano da tempo importato nel Salento.
Da cosa dipende dovrà essere la scienza a dirlo. Sono in corso già studi sul Dna, per capire se è collegato a reazioni dovute alla genetica delle piante. Non significa che su quelle, comunque, non sia stata riscontrata Xylella. Anzi, c’è, ma avrebbe una carica inferiore ai livelli ritrovati sulle altre cultivar. Fermo restando, è da sottolineare, che al momento non c’è certezza che sia questo patogeno a far ammalare gli ulivi, per quanto sia ritenuto pacifico che laddove i disseccamenti ci sono Xylella c’è.
Nel frattempo che si fa? “Chiediamo un monitoraggio sul territorio, cosa che al momento non c’è – rimarca Giovanni Melcarne, nel direttivo del Comitato -. Dobbiamo dare un futuro olivicolo a questa terra. Se la deroga al reimpianto non arriverà, ce la prenderemo, mettendo a dimora varietà di leccino e frantoio”.
Per verificare la resistenza, e non la semplice tolleranza, si sta studiando anche il parco da 15 ettari su cui far nascere il “getsemani dell’olivo”, con almeno le 140 linee genetiche delle 1500 cultivar esistenti. Progetto che al momento vede scendere in campo anche l’Ente sviluppo agricolo della Corsica, il Cra Oli di Cosenza e la Banca mondiale di Cordoba.