Cronaca

Cure sostenibili contro Xylella, il metodo Xiloyannis fa il giro d’Italia

LECCE- Non solo limitare la diffusione del batterio, ma anche recuperare le piante infette, attraverso non improvvisate ma precise buone pratiche agronomiche. Fa il giro d’Italia il metodo anti Xylella di Cristos Xiloyannis, docente dell’Università della Basilicata, da sempre critico nei confronti della gestione barese dell’ “emergenza” salentina. Con un articolo pubblicato nelle scorse ore sull’Informatore Agrario, firmato assieme ai colleghi Egidio Lardo, Adriano Sofo e Assunta Maria Palese, illustra la necessità di “guardare all’oliveto nel suo insieme e migliorarne il «sistema immunitario» adottando pratiche agronomiche sostenibili che aumentino le capacità delle piante a contrastare gli stress biotici e abiotici”. Così facendo, “è possibile convivere con il batterio”, secondo gli esperti dell’ateneo lucano, non solo in chiave preventiva ma anche curativa.

Vengono riportati “i risultati di una sperimentazione pluriennale (15 anni) condotta dal gruppo di ricerca dell’Università della Basilicata su oliveti gestiti in maniera sostenibile con l’obiettivo di ripristinare la sostanza organica del suolo e, pertanto, la sua fertilità microbiologica, aumentare il sistema immunitario dell’intero ecosistema, migliorare l’assorbimento dell’acqua piovana da parte del suolo, integrare la fertilizzazione chimica con l’apporto degli «scarti» vegetali prodotti all’interno dell’oliveto stesso. È stata fra l’altro valutata la sostenibilità economica di tali pratiche, presupposto fondamentale per la loro diffusione fra gli operatori del settore”.

Una risposta agli scettici, in sostanza. O a chi pensa che un’aratura e una potatura possano bastare. Punto di partenza è il suolo: il passaggio dalla gestione tradizionale con i fertilizzanti organici e la lavorazione superficiale ai diserbi, lavorazioni ripetute e bruciatura dei residui di potatura ha influenzato, secondo i docenti, il ciclo di umificazione con progressivo impoverimento della dotazione in sostanza organica.

In una parola: il terreno si è inaridito. E questo non consente agli ulivi di reagire ad attacchi come quelli di Xylella. Xiloyannis e i suoi sono certi che sia quello il punto di svolta: “Dalle indagini molecolari effettuate, è emerso che la gestione sostenibile del suolo ha modificato significativamente la composizione della comunità batteriche della fillosfera e della carposfera, aumentandone la biodiversità”. Un esperimento già riuscito in altre batteriosi, dunque. Ma si avverte: “La gestione sostenibile deve essere diffusa e adottata non soltanto nelle aree olivicole in cui la Xylella fastidiosa è presente, ma in tutti gli areali agricoli. È assolutamente necessario prendere consapevolezza dei danni ambientali provocati dalla semplificazione della gestione delle risorse in agricoltura avvenuta spesso con il consenso della politica a livello europeo e nazionale”.

articolo-Xiloyannis

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