LECCE- I nodi al pettine, di carattere nazionale, sono noti (dai lacci della burocrazia alla pressione fiscale, dalle incrostazioni dei comparti protetti alla difficoltà di accedere al credito), ora bisogna concentrarsi anche e soprattutto sulle cause locali della crisi del comparto industriale. Per rispondere a queste grandi questioni aperte i vertici nazionali delle sigle del comparto di Cgil, Cisl e Uil, sono intervenute a Lecce al Convegno “Sviluppo , serve l’Industria!” all’Hotel Hilton di Lecce, rappresentate da Emilio Miceli della Filctem Cgil, Sergio Gigli della Femca Cisl e Paolo Pirani della Ultec Uilm, con il sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova.
Il consuntivo degli ultimi 15 anni per il comparto industriale in provincia di Lecce, a aprire dalla crisi del tessile, dell’abbigliamento e del calzaturiero, ha connotati drammatici, tante realtà produttive hanno chiuso i battenti – hanno sottolineato i rappresentanti sindacali – ingoiate da una crisi spietata. Sono 30mila i centri di spesa in Italia, ha denunciato Pirani segretario generale della Uiltec Uil, con uno spreco abnorme di risorse”. Gli fa eco Miceli, numero uno di Filctem CGIL, secondo cui l’indebolimento del made in Italy e del tac in particolare è stato determinato anche dal sacrificio sull’altare della delocalizzazione
Sono 3 i livelli di intervento del governo, ha sottolineato la Bellanova: il sostegno agli imprenditori che mantengono i livelli occupazionali, il finanziamento di innovazione e ricerca a beneficio di piccole e medie imprese e l’eliminazione del costo del lavoro dalla base di calcolo dell’Irap.