Cronaca

Xylella: cento ulivi si riprendono con le cure del Cra ma sono quelli da abbattere

LECCE– C’ è una sperimentazione fatta sul campo e con tanto di validazione scientifica del Centro ricerche in agricoltura. Fa ben sperare per il salvataggio degli ulivi con sintomi di disseccamento perché in cinque mesi sta dando frutti considerati positivi. Ma gli alberi, quasi fosse uno scherzo del destino, sono proprio quelli destinati all’abbattimento a Veglie, gli stessi sotto i quali da oltre due settimane, giorno e notte, va avanti a oltranza il presidio degli attivisti. Si è partiti a dicembre, in tempi non sospetti, da quelle cinque piante, allargando il raggio di intervento ad altre cento, dislocate su tre aziende della zona, all’inizio di aprile. Poi sono arrivati i monitoraggi istituzionali e hanno sentenziato che proprio quei cinque ulivi iniziali sono tra quelli da tagliare perché risultati positivi al batterio Xylella fastidiosa. Il parere che sarà tradotto in decisione del Comitato permanente per la salute delle piante conferma che dovrà essere quello il loro destino, poiché Veglie ricade nella fascia di eradicazione di 20 km all’interno della quale gli alberi infetti vanno abbattuti.

Eppure, è su quelli che la sperimentazione in corso sta dando risultati ritenuti “molto incoraggianti”, grazie all’impiego di prodotti consentito in agricoltura biologica e a base di idracidi, già usati nella batteriosi del kiwi e per la rogna dell’olivo. Sono sostanze che hanno due scopi: ridurre la carica del batterio all’interno della pianta e rinvigorire gli ulivi. La somministrazione avviene mediante nebulizzazione del prodotto al tronco (inverno) ed alla chioma (primavera-estate). A sperimentare sono gli agricoltori locali, assieme ad un’azienda che importa il prodotto e al Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (C.R.A.) .

Tra gli esperti sul campo, Marco Scortichini che è un batteriologo specialista, con 30 anni di attività e direttore del Cra-Centro di ricerca per la Frutticoltura di Caserta. Ha redatto il protocollo ufficiale di diagnosi di Xylella fastidiosa per l’Organizzazione Europea per la Protezione delle Piante. Il suo curriculum dice che nel 1990, in Georgia (Stati Uniti), ha lavorato direttamente sul batterio mettendo in pratica sia tecniche di isolamento del patogeno che relative tecniche diagnostiche. Ha le idee chiare anche sul fronte eradicazione: inutile.

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