BARI- Il piano di lotta obbligatoria contro la moria di ulivi, varato dalla Regione Puglia, rischia di far saltare mille certificazioni biologiche soltanto nel Leccese. Da maggio, infatti, tra le azioni imposte per fermare l’insetto vettore sono previsti due interventi con prodotti insetticidi sulle piante in produzione, siano olivo, fruttifere che ornamentali, oltre a “interventi con prodotti insetticidi a “spot” su macchia mediterranea residuale, muretti a secco, superfici abbandonate purchè verdi e quindi attrattive per i vettori”.
Un utilizzo di chimica che non è compatibile con la produzione biologica su cui ha investito un migliaio di produttori salentini. Oltre al danno, dunque, c’è la beffa di vedersi ritirare le certificazioni verdi che costano tempo e fatica: almeno tre anni di conduzione naturale del terreno prima di ottenere il via libera all’uso del bollino e quindi agli incentivi relativi. Una ulteriore mazzata per gli agricoltori, tra cui se ne parla a denti stretti ma che mercoledì mattina inizieranno a discuterne apertamente in sede di Aprol.
La conferma di quanto siano davvero in forse i marchi bio viene, però, direttamente dall’Osservatorio fitosanitario regionale. “Il rischio c’è – dice Antonio Guario –.Stiamo cercando di capire se è possibile qualche alternativa all’uso di insetticidi. La sperimentazione si è fermata perché non ci sono al momento, vista la stagione, insetti vettori”.
Inizialmente, nella tabella delle sostanze consigliate erano stati previsti due prodotti compatibili con le coltivazioni bio, “ma li abbiamo tolti – spiega Guario – perché è stato dimostrato che non sono validi per il controllo delle cicaline”.
Sarà uno degli argomenti da affrontare a Bruxelles, al tavolo convocato per fine mese. Si prova a capire se c’è spazio più per una sospensione che per una revoca delle certificazioni, ma anche per capire se si può introdurre in Italia uno speciale olio vegetale non registrato qui ma usato in Francia e che sarebbe anche più efficace dei prodotti chimici.
“I nostri produttori bio sono preoccupati. Mercoledì valuteremo delle proposte – dice Pantaleo Greco, presidente di Aprol Lecce –. Dovrebbero darci un prodotto alternativo, altrimenti vedremo se sarà possibile mantenere la certificazione, sottoposta però ad analisi multiresiduale. Se i pesticidi verranno usati lontano dalla stagione della raccolta, a maggio o a luglio, le olive dovrebbero avere il tempo di far degradare le contaminanti”.
“Sarebbe una presa in giro – dice Giulio Sparascio, presidente della Cia – perché noi da anni portiamo avanti le coltivazioni naturali e non ci rinunceremo. Fra qualche giorno saranno in città i vertici di Anabio nazionale ed esperti di agroecologia, perché i metodi bio per combattere il vettore ci sono, eccome”.
Tiziana Colluto