Cronaca

Anticorruzione, legge Severino anche agli ordini professionali: a rischio Costa e Pepe

LECCE- La legge Severino si applica anche agli ordini e i collegi professionali, per i quali dunque scatta il divieto di assegnare incarichi dirigenziali a chi ricopre o ha ricoperto altre cariche politiche o amministrative. Lo ha deciso il presidente dell’Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone, e le conseguenze potrebbero esserci anche per il Salento. Al vertice di due ordini leccesi, quello dei dottori Commercialisti e dei Medici, ci sono due ex senatori, rispettivamente Rosario Giorgio Costa e Luigi Pepe.
“La nostra federazione non ci ha comunicato nulla e sono sicuro che non ci riguarderà”, dice Pepe, ricandidato presidente nell’unica lista al momento nota in vista delle prossime elezioni dell’ordine fissate per l’8-9-10 novembre (se non si raggiunge il quorum, si ripeteranno il 22-23-24).

La delibera dell’Autorità Anticorruzione è esecutiva dal 22 ottobre scorso e gli ordini avranno un mese di tempo per organizzarsi e non incorrere in sanzioni. Non è ancora chiaro se l’incompatibilità si estenderà a ruoli politici ricoperti anche nel passato meno recente: Pepe ha ricoperto l’incarico di senatore fino al 2006; Costa, invece, a Palazzo Madama è rimasto fino al 14 marzo 2013, meno dei due anni a cui solitamente fa riferimento la Legge Severino in relazione alla inconferibilità degli incarichi.

Non c’è, quindi, solo il caso eclatante del senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri (Fi-Pdl) che come denunciato da un dossier del Movimento 5 stelle ricopre 13 cariche ed è presidente dell’Ordine dei Farmacisti della Provincia di Bari. Nuove situazioni caratterizzate da doppi ruoli da dirigenti dell’ordine e carica politica (presente o passata) sono pronte a venire al pettine nelle prossime settimane.

La ratio del provvedimento è chiara: si vogliono evitare conflitti di interesse, interferenze, vietando a politici ed ex tali di riciclarsi negli ordini che, secondo l’organo guidato da Cantone, sono enti pubblici “non economici” e pertanto devono sottostare alle norme per la trasparenza e anticorruzione. In questo modo è stato superato il parere pro-veritate richiesto dal Comitato Unitario Permanente degli ordini e dei collegi professionali al giudice Piero Capotosti, già presidente della Corte Costituzionale: li aveva definiti “enti associativi”, sottraendoli ai divieti in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi. Che oggi, dunque, rispuntano.

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