Cronaca

Test del Dna negato per la ragazza “segregata nella casa famiglia”

LECCE- A 20 anni scopre chi è suo padre, ma la casa-famiglia in cui è ospite le impedisce di incontrarlo e anche di fare il test del Dna per il riconoscimento. Eppure la protagonista di questa storia dolorosa è una ragazza maggiorenne, capace di intendere e di volere. Tra due giorni, a Lecce, si aprirà il processo penale intentato dal padre presunto, che ha denunciato il gestore dell’istituto con l’ipotesi di reato di violenza privata”.
Sembra la trama di una fiction e invece la vicenda è vera e arriva da un paese del sud Salento. Questo è quello che ci racconta l’avvocato del presunto padre. Per rispetto della privacy dei personaggi, e della giustizia che farà il suo corso, non faremo nomi di persone e luoghi. Per ora.  23 anni fa nacque una bambina senza padre. La donna che la mise alla luce non si occupò adeguatamente della piccola, che venne allevata dalla nonna, fino a che questa non divenne troppo anziana. Una giovane vita che definire difficile sarebbe un eufemismo. Fino a che, piuttosto che finire in mezzo alla strada, divenuta quasi adulta, la ragazza non scelse di entrare in una casa-famiglia. Fu nominato un tutore. E siamo a oggi, anzi a due anni fa.

La giovane chiede alla madre di rivelarle il nome del padre e, una volta saputolo, si mette sulle sue tracce. L’uomo, informato a sua volta, decide di incontrarla. Ma la ragazza si rende conto all’improvviso di non essere libera di farlo: la casa-famiglia in cui vive glielo impedirebbe. Così come impedirebbe di sottoporla al test del Dna -tramite un semplice prelievo di saliva, al quale il padre presunto si è già sottoposto con l’intenzione di riconoscere la figlia, se davvero dovesse rivelarsi tale.

Il legale dell’uomo, l’avvocato Gabriella Cassano, racconta che una sera la ragazza è scappata dalla struttura a piedi e che è stata raggiunta dal personale e riportata con la forza “a casa”; che la giovane ha tentato di togliersi la vita ingerendo dei farmaci e che al medico che l’ha salvata ha detto di averlo fatto “Come gesto dimostrativo, perché in quel luogo non vuole più starci”. L’avvocato ha anche un cd, che porterà come prova in tribunale -lo ha già consegnato al PM- in cui è registrato l’ennesimo tentativo di incontrare la ragazza, andato a vuoto: una conversazione avvenuta al citofono della casa-famiglia, mentre lei chiedeva di entrare e, dall’interno, le dicevano di no. Alla giovane sarebbe stato tolto il cellulare, dall’interno decidono se, quando e con chi può parlare al telefono.

“Perché?” chiede il padre presunto, che di fronte a quella che ritiene una pura ingiustizia, ha deciso di adire le vie legali.

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