Cronaca

Centrale a biomasse, il Tar esclude Nardò e la Procura chiude le indagini

GALATONE- Il Comune di Nardò non ha voce in capitolo nella vicenda della centrale a biomasse di contrada Le Rose, in agro di Galatone sì, ma più vicina all’abitato neretino. A dirlo è il Tar di Lecce, con una sentenza che entra a gamba tesa nel dibattito rovente relativo all’impianto e, in prospettiva, suglia altri nodi ambientali che si sono accavallati al confine tra i due Comuni.

Nel frattempo, la Procura di Lecce ha chiuso le indagini, notificando il relativo avviso due giorni fa ai fratelli Giuseppe e Michele Giliberti, progettista e direttore dei lavori, e al rappresentante legale della “Renewable Energy srl”, Giorgio Gemma, 50 anni, di Latiano (Brindisi).

Contro di loro le accuse, a vario titolo, formulate dal pm Elsa Valeria Mignone, sono di falso ideologico, tentata truffa ai danni dell’Enel e del Gse e attività di gestione di rifiuti non autorizzata, per aver utilizzato nella fase di precollaudo rifiuti in modo illecito, senza l’autorizzazione unica regionale obbligatoria per i nuovi impianti. In particolare, il riferimento è a sansa umida e liquami, a scarti delle lavorazioni orticole e reflui zootecnici di allevamento.

Sul fronte penale, dunque, c’è un processo che potrebbe aprirsi. Su quello amministrativo, invece, si chiude una partita fondamentale. Palazzo Personè aveva fatto ricorso contro Provincia di Lecce, Comune di Galatone, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa), Asl e Regione Puglia per l’annullamento della determina risalente al 14 gennaio scorso del Servizio Ambiente di Palazzo dei Celestini. Con quel provvedimento, infatti, era stato dato il via libera all’Autorizzazione unica ambientale per l’impianto da 854 Kw. Il Comune di Nardò aveva sollevato la lesione dei propri diritti di partecipazione al procedimento per non essere esso stato convocato nell’ambito della conferenza di servizi indetta dalla Provincia.

Per il Tar, però, poiché la centrale ricade interamente nel territorio di Galatone, non c’è vizio di convocazione. È vero, Nardò è ente “potenzialmente esposto alle conseguenze negative” dell’impianto, ma avrebbe potuto proporre solo “censure attinenti al merito del progetto”, non alla procedura. È il motivo per cui il ricorso è stato considerato infondato.

 

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