Ambiente

GLI ULIVI CENTENARI E LA ZONA ROSSA

Segno Urbano

Gli ulivi. Patrimonio pugliese per eccellenza. Tratto distintivo del nostro paesaggio. Con i muretti a secco, panorama unico per bellezza e riconoscibilità al primo sguardo. Il presunto attacco del microbo della specie Xylella ha fatto scattare un regime di quarantena verso una delle ricchezze, anche economiche, migliori della nostra terra.

La Regione Puglia nei mesi scorsi individuò una sorta di “zona rossa” nei territori di Lecce, Trepuzzi, Galatina, Sternatia e Copertino. Risultato. Sradicamento di 104 piante di ulivo. Ad aggravare la situazione, due ulivi secolari ai quali, proprio per la loro importanza monumentale, è stata riservata una drastica potatura. Ma la sostanza rimane sempre la stessa. Mancanza assoluta di alternative.

La questione, però, è più approfondita di quanto si possa pensare. La Regione Puglia pare completamente sorda all’indignazione dell’intero settore agricolo salentino, nonostante le evidenze scientifiche portate a supporto dall’Accademia dei Georgofili e dall’Università del Salento. Le ricerche hanno portato alla luce risultati quantomeno contrastanti con le tesi della Regione e che dimostrano l’assoluta inadeguatezza dei rimedi decisi, come la quarantena e lo sradicamento degli ulivi “malati”.

Gli agricoltori salentini ed i cittadini delle zone coinvolte hanno espresso a più riprese i loro dubbi, anche su altri metodi. Come, ad esempio, l’irrorazione di veleni con addirittura gli aerei che sorvolavano i campi ed i tratturi. Il dispiegamento delle forze armate. I lancia fiamme, per distruggere muschio, rami, foglie e tutta la vegetazione spontanea dei sentieri tipici salentini.

Uno scenario apocalittico fondato su contraddizioni evidenti. L’obbligo di sradicamento, senza conoscere le cause della presenza della Xylella e senza conoscere che questo ceppo batterico sarebbe effettivamente presente nel nostro ecosistema da millenni, senza provocare danni. Queste le evidenze rilevate dagli studi dell’Accademia e dei ricercatori dell’Università del Salento, a cui la Regione non ha dato seguito, neanche con delle ulteriori approfondite perizie in laboratori indipendenti.

L’essere ricompresi nella “zona rossa” ha anche indotto, negli agricoltori salentini e nei cittadini, una forte tensione psicologica che li ha spinti in una corsa contro il tempo per vendere i propri terreni, considerati contaminati, con una chiara ed ulteriore perdita economica in favore di una evidente speculazione ai loro danni e di una minaccia dell’intero equilibrio paesaggistico, sanitario e vegetativo. Minacce al nostro territorio portate anche da un altro grave attacco che non lascia respiro alle nostre realtà. Le discariche abusive. Il Salento vero e proprio ostaggio delle discariche.

Il Salento come la Terra dei Fuochi. Paragone agghiacciante, ma unico parametro di riferimento per un fenomeno che sempre più aumenta di dimensione. È del 22 aprile scorso l’ultima azione dei carabinieri del Noe di Lecce in località Orie, tra Scorrano e Supersano. Otto metri di escavazione che ha portato alla luce copertoni, scarti industriali, plastica, resti di lavorazioni edili. L’azione del Noe era stata avviata grazie alla segnalazione di un cittadino, in un’area destinata ad uso agricolo. Già in precedenza erano state scoperte altre discariche di rifiuti derivanti dalle aziende di pellame calzaturiero.

Non solo Cerano. Non solo Ilva. Non solo Campania e Terra dei Fuochi. Non vogliamo più avere sulla coscienza immani tragedie ecologiche per noi e per le generazioni future.

Valentina Pellegrino

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