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La battaglia per dare sepoltura ai bambini mai nati

LECCE- Nascere già senza alito di vita, dicendo addio ad un mondo sconosciuto e che resterà inesplorato per sempre. Si chiama “Natimortalità”, un fenomeno per molti versi ignorato, ma che tocca da vicino 180.000 famiglie all’anno, che sperimentano la morte di un feto e che si scontrano, in molte casi, con profonde ed ingiuste carenze legislative e normative.

Per la legge italiana, infatti, i bambini sono considerati “nati morti” solo quando abbiano superato le 28 settimane di gestazione al momento del parto. Pertanto, se un bambino nasce morto dopo la 28° settimana dovrà essere registrato presso l’anagrafe e, solo successivamente, si potrà procedere alla sua sepoltura. Se, nasce vivo e muore dopo la nascita, in tal caso dovrà essere formato prima il suo atto di nascita e poi quello di morte. Solo in questi casi, perciò, vi è l’obbligo di registrazione presso l’anagrafe.

Se invece il bambino nasce morto prima della 28° settimana lo si considera un aborto e i genitori non devono fare alcuna denuncia. Tuttavia, essi hanno la possibilità di chiedere, entro 24 ore dalla espulsione o estrazione del feto, la sepoltura anche dei figli di età inferiore alle 20 settimane. Si tratta, però, di tempi molto stretti che il più delle volte i familiari non conoscono e su cui non vengono informati.

Quando realizzano ciò che è accaduto, è ormai troppo tardi. Per questa ragione un’associazione di Padova, “Pensiero Celeste”, si batte per cambiare questa realtà. Nata da una coppia di genitori, che hanno vissuto la drammatica esperienza della loro bambina “Celeste” nata morta alla 27esima settimana di gestazione e che hanno iniziato per lei una lunga battaglia legale per ottenere di poter iscrivere il nome della figlia nel registro dell’anagrafe civile del loro Comune, l’associazione si batte per sostenere altre famiglie che vivono lo stesso dramma.

Una battaglia civile abbracciata dal MIR, che sostiene la raccolta di firme per riformare la materia. In particolare si vorrebbe stabilire il peso di 500 grammi alla nascita del feto quale limite per poter chiedere, se i genitori volontariamente deliberano, l’iscrizione all’anagrafe di un figlio nato morto ed essere riconosciuto a tutti gli effetti dalla legge.

Questo vuole anche essere un invito a tutti i sindaci d’Italia affinché promuovano l’istituzione, all’interno di ciascun Comune, di uno specifico registro dei bimbi nati morti. Si può negare, del resto, a dei genitori, che hanno amato il proprio figlio fin dal concepimento, la possibilità di dare la giusta dignità al loro piccolo angelo?

Siamo di fronte ad realtà sottaciuta di cui vorrebbe farsi portavoce il Mir insieme al Movimento Regione Salento, che ha organizzato per sabato prossimo, a Lecce, presso il Museo Provinciale Sigismondo di Castromediano, un incontro per discutere gli aspetti giuridici e psicologici del fenomeno del rispetto della vita. Da qui partirà un coinvolgimento anche dei comuni salentini, perchè sostengano all’interno dei consigli comunali la battaglia per istituire un’apposita anagrafe dei bimbi mai nati. Semplicemente perchè un bambino è un mondo nel mondo e come tale merita dignità e rispetto.

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