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“Nel 2030 il Salento vivrà peggio”

LECCE- Lasciate ogni speranza, nel 2030 nel Salento si vivrà peggio. Lo dice il Rapporto sulla competitività delle aree urbane presentato in queste ore a Milano. La cartina dell’Italia fra quindici anni è un pugno nello stomaco: in rosso le province in peggioramento rispetto a un livello già inferiore alla media.

E tra queste, a dire il vero non tante, ci sono proprio quelle di Lecce, Brindisi e Taranto. Siamo in compagnia di alcune aree depresse della Sicilia, come Catania, Agrigento e Siracusa; della Calabria, come Crotone; della Campania, come Salerno; della Sardegna, come Cagliari e Sassari e nel nord le piemontesi e liguri Savona e Novara. Insomma, non ci resta che scavare? La prospettiva è nera. Al contrario di territori vicini, tra cui un’altra buona parte del Sud e della Puglia, da Bari a Foggia, da Matera a, persino, Reggio Calabria, dove ci sarà una ripresa.

L’indagine, alla sua quarta edizione, è condotta dal Sistema iniziative locali, una società partecipata da Cassa depositi e prestiti e da una decina di fondazioni bancarie, con il contributo della Banca europea degli investimenti e in collaborazione con Ismu, Istituto Tagliacarne e Siti.

Ed è un boomerang. Il motivo è presto detto: la ricerca è uno strumento che serve a indirizzare le risorse da investire sui territori da parte delle stesse fondazioni bancarie. Ma è un metro anche per i fondi europei destinate ad aree urbane, capitolo che dal 2007 al 2013 ha registrato un ammontare di 1,7 miliardi di euro.

Insomma, il rischio è di incentivare la fuga di chi investe qui o vorrebbe farlo, rendendo ancora più nera quella maglia che ora ci spetta, cucitaci addosso sulla base di parametri che influiscono negativamente sullo sviluppo, come l’invecchiamento della popolazione, la capacità di attrarre immigrazione di qualità, vale a dire giovani e famiglie.

Solo pubblicità negativa? Dipende da quale lato la si guardi. Di certo è una sferzata: se si continuerà così- avvertono i ricercatori- e se verranno dissipate anche le risorse europee della tranche 2014-2020, senza colmare le lacune in termini infrastrutturali , sanitari e di banda larga, allora sì, non ci resterà che piangere.

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