GALLIPOLI- Avrebbero custodito le armi del clan dopo l’arresto dei capi, continuando la loro attività estorsiva con minacce e violenze nei confronti delle vittime, protetti da quell’alone di mafiosità che nonostante l’arresto del boss, Rosario Padovano, continuava a persistere in tutta la zona di Gallipoli. La prova che un gruppo di persone continuasse ad agire sulla scia malavitosa indicata dal clan gli agenti del commissariato di Gallipoli l’hanno avuta.
All’inizio della scorsa estate quando durante la perquisizione in casa di un personaggio ben noto alle cronache locali, Andrea Cavalera, 36enne, gallipolino, trovarono e sequestrarono due pistole. Si trattava di una Beretta mod. 70, cal. 7,65, con matricola abrasa, ed una Bruni, in origine a salve, trasformata in arma da sparo, priva di matricola. Armi quindi di provenienza clandestina.
Oltre a queste tre caricatori monofilari ed una serie di cartucce calibro 7,65 e cal. 9 . Andrea Cavalera quel giorno, il 1 luglio dello scorso anno , fu arrestato in flagranza di reato e le indagini continuarono. Le armi appartenevano al fratello Cosimo Cavalera e al boss gallipolino Pompeo Rosario Padovano, già in carcere. Quando i due furono arrestati nel novembre 2010 per l’omicidio di Nino Bomba, l’arsenale fu affidato ad Andrea .
In queste ore il gip del Tribunale di Lecce Carlo Cazzella su richiesta del Sost. Proc. Roberta Licci ha emesso le ordinanze di custodia cautelare ritenendo le 4 persone destinatarie, organici del clan padovano, la frangia gallipolina della Scu.
A Cosimo Cavalera condannato per 416 bis e tentato omicidio, attualmente detenuto presso il carcere di Melfi , l’ordinanza è stata notificata in carcere così come ad andrea Cavalera Andrea. La nuova accusa è di porto abusivo di armi clandestine e munizioni, estorsione, atti persecutori, minacce e lesioni personali.
(Cosimo Cavalera)
Erano liberi sino a qualche ora fa invece Roberto Felline, 50enne di Gallipoli, incensurato, e Oreste Scorrano, 24 anni, anche lui gallipolino e incensurato. Altre 4 persone risultano indagate quasi tutte appartenenti alla famiglia Cavalera e responsabili di estorsioni e minacce alla gente del posto. Atteggiamenti riconducibili al contesto mafioso dei Padovano.
(Roberto Felline)