LECCE- Poveri sempre più poveri e ricchi sempre più ricchi. La geografia delle disuguaglianze inchioda soprattutto la provincia di Lecce. Molto più di Brindisi e Taranto. A scattare la fotografia è il rapporto edito dalla Banca d’Italia e che porta la firma dei ricercatori Paolo Acciari e Sauro Mocetti. Lo studio analizza le dichiarazioni dei redditi e, è da precisare, non tiene conto dell’evasione e dei redditi fuori Irpef, come titoli, azioni, rendite, che pure allargano la forbice. La mappa che viene disegnata evidenzia ancora di più la cesura netta tra le classi sociali e restituisce un Salento in cui il ceto medio è quasi scomparso.
La prima cartina, sull’indice di concentrazione dei redditi, dimostra che la ricchezza è in mano a pochi, pochissimi, soprattutto in provincia di Lecce. Vuol dire che pochi hanno tanto, quasi tutto: superstipendi, superpensioni, superparcelle che superano in molti casi i 250mila euro. Per loro la crisi non è che una parola e non ha scatenato il terremoto che ha invece letteralmente divorato tutti gli altri, facendo sprofondare i cittadini più disagiati.
Il divario è più ammorbidito nelle province limitrofe, dove la flessione dei redditi è stata meno catastrofica e il sistema pare aver retto anche grazie alla presenza di un tessuto industriale più corposo. E questo in controtendenza rispetto al Mezzogiorno, dove la concentrazione dei redditi in mano a pochi è la regola.
La seconda cartina chiarisce ancora di più la situazione: rappresenta la quota di reddito detenuta dal 10% più ricco. E dice in maniera evidente che a Brindisi e Taranto non ci sono supernababbi, al contrario che a Lecce, dove i paperoni concentrano nelle proprie mani le somme maggiori. Non è vero che la crisi è stata una livella, per tutti, dappertutto. Ha accentuato le differenze, impoverendo ancora di più i deboli. Un clic su una realtà che chiama in causa l’intero sistema di welfare, da ridisegnare tenendo conto delle differenze dei territori, ma anche uno scatto che focalizza un andamento: più si è fragili e disgregati, peggio si sta.