LECCE- Il datore di lavoro avrebbe dovuto vigilare sullo stato di ubriachezza del proprio dipendente, è quindi responsabile della morte dell’uomo, avvenuta per un incidente causato, probabilmente, per lo stato di ebrezza in cui si trovava. Lo ha deciso la Corte di Cassazione che ha reso definitiva una condanna per omicidio colposo nei confronti del titolare di una cooperativa sociale brindisina.
Una vicenda che risale al 2004 a cui sono seguite indagini giudiziarie e ricorsi.
La vittima un lavoratore stagionale impiegato nella cooperativa produttrice di vino impiegato nell’azienda. Si trovava a ridosso di una vasca piena di mosto quando si è sentito male ed è precipitato all’interno, morendo soffocato. L’autopsia e le analisi successive confermarono che la vittima aveva bevuto a causa del tasso alcolemico rintracciato nel sangue.
Il suo, stabilirono i medici, era uno stato di ubriachezza patologico. Il datore di lavoro naturalmente ci andò di mezzo. Lo scorso anno l’imprenditore fu condannato per omicidio colposo dalla Corte d’appello di Lecce, poi il ricorso in Cassazione che ha confermato però la sentenza.
Il datore di lavoro, dice la Suprema Corte, era chiamato a “prevenire e fronteggiare il comportamento imprudente del lavoratore , tenendo conto oltre che della sua sicurezza, anche del suo stato di salute.
“La condizione di ubriachezza del lavoratore sul luogo di lavoro, si legge nella sentenza, non è circostanza eccezionale e quindi non prevedibile dal datore di lavoro”. L’uomo avrebbe dovuto quindi accertarsi delle sue condizioni prima di fargli cominciare la sua giornata.