BRINDISI– Picchiato e torturato, per 28 lunghi giorni nel carcere di misurata. Il dramma della distanza dalla famiglia, il dolore delle ferite fisiche e psicologiche. Ma anche, l’affetto e l’impegno dei famigliari e dei suoi “amici speciali” che, coordinati dal console Italiano in Libia Pierluigi D’Elia, lo hanno tirato fuori dalla cella del carcere di Misurata dov’era rinchiuso. Tutto per una leggerezza. Quella di aver esibito durante un controllo alla gendarmeria, i suoi due passaporti. Quello egiziano, proprio dei suoi natali, e quello Italiano, che rivendica una cittadinanza vera, completa. Lui, Abou Hasima, e sposato con Anita, di Torre Santa Susanna., Insieme, hanno avuto un bambino, il piccolo Ali, di soli 3 anni. Cui un giorno, proprio come alle nostre telecamere, dovrà raccontare il suo dramma.
Ora, Hashima è un cittadino libero. Affianco a lui, gli attivisti radicali dell’associazione Nessuno Tocchi Caino, i primi a intercettare le grida d’aiuto del 31enne, il Libia insieme al fratello Raft, macellaio, per lavoro. Un lavoro che ora, cerca in Italia.