LECCE- Una lunga strada da percorrere, su una spiaggia deserta. Nel cuore del poligono militare di Frigole. Poi su, risalendo i gradini malandati. È da lì, da una finestra della torre che dà il nome a questo litorale, Torre Veneri, che hanno srotolato lo striscione, giallo e nero, cinque metri di lunghezza, perché sia visibile anche dal mare. “Stop esercitazioni, bonifica subito”. Un’azione forte e a sorpresa. Un vero e proprio blitz, in stile Greenpeace.
Così gli attivisti di Lecce Bene Comune hanno voluto richiamare l’attenzione sul nodo di sempre, la presenza dell’Esercito in quest’area di pregio ambientale elevatissimo, zona Sic e Sito Natura 2000. Oggi, non c’è rumore di spari, non c’è carro armato che va avanti e indietro. Se non fosse per qualche garitta di vedetta malandata sulle dune, non si direbbe che qui, lungo questo arenile e dietro quella pineta, da sessant’anni si esercitano le forze armate italiane.
Senza mai una bonifica. Certo, spetterà alla Procura di Lecce diradare il sospetto atroce relativo all’utilizzo, nel tempo, di munizioni all’uranio impoverito. E se uranio non è, spetterà comunque all’inchiesta in corso stabilire se il deposito costante di bossoli, ordigni, proiettili, specie sul fondale, possa aver compromesso la salubrità di questo pezzo di Frigole, marina di Lecce.
Il fascicolo, aperto dopo gli esposti di Gabriele Molendini di LBC, è nelle mani del sostituto Elsa Valeria Mignone, che indaga per smaltimento abusivo. Al momento, si attendono ancora gli esiti delle analisi sui reperti prelevati a marzo dai consulenti tecnici. Che, però, quella di Torre Veneri sia una situazione di emergenza accertata lo ha detto anche la commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, dopo i sopralluoghi nel poligono di tiro della Scuola di Cavalleria.
Lo striscione non arriva a caso, dopo le due mozioni approvate all’unanimità dal Consiglio Comunale e che esprimono la volontà della città di tutelare quel tratto di territorio esposto ad un’attività considerata incompatibile.
Torre Veneri è stretta tra Parco Rauccio e Le Cesine. Come nell’Alta Murgia, anche qui l’obiettivo è la “dichiarazione di incompatibilità tra le servitù militari e le vocazioni di tutte le aree naturali protette”. Non una rivendicazione contro le forze armate, dicono da Lecce Bene Comune, ma a favore dei territori, in una vertenza di respiro nazionale.