CronacaEconomia

TAP da S.Foca a Brindisi? “Difficile, ma non impossibile”

S.FOCA (LE) –  Il trasloco del gasdotto TAP dalla costa di S.Foca alla zona industriale di Brindisi è difficile, molto difficile. Ma non impossibile, al contrario di quanto si era detto finora. A dirlo, attenzione, è Giampaolo Russo, il country manager di TAP Italia che da mesi sta battendo il Salento alla ricerca di consenso per il progetto di gasdotto che dovrebbe portare il metano dall’Azerbaijan in Europa.

Che gioca a carte scoperte. E da un lato sbuffa per quello che definisce ‘un mantra’ che si ripete da quando TAP è arrivato nel territorio leccese, dopo le opposizioni incontrate su quello brindisino.

Ma dall’altro ammette che quella dell’approdo nella zona industriale di Brindisi è la soluzione tecnicamente più azzeccata, oltre che economica. Ma subito frena: Occorrerebbe una grande prova di maturità politica da parte non solo del territorio brindisino, ma di tutte le istituzioni, anche regionali e nazionali”.

Spieghiamo l’antefatto: nel 2010 TAP  tastò il terreno a Brindisi, incontrando fortissime resistenze in una città che era già in rivolta contro il rigassificatore della British Gas. Nel 2011 poi, TAP progetta l’approdo a S.Foca (forse potendo contare anche sul favore del passato sindaco, Vittorio Potì): sui documenti di quel periodo, le quattro ipotesi di approdo a Brindisi risultano scartate a causa di inconvenienti tecnici.

“Che in effetti esistevano – dice Russo – ma c’era un problema a monte, di clima politico in città”.

Cos’è cambiato, oggi che il rigassificatore della British Gas è di fatto tramontato? Sarebbe possibile recuperare l’ipotesi Brindisi 3, che arrivava nella zona industriale del capoluogo messapico?

“Lì c’è un’area, come quella della colmata di Capobianco – dice Russo – adeguata dal punto di vista tecnico e sulla quale SNAM ha già un progetto di collegamento, quindi più economico per il sistema. Ma è anche un’area – continua il country manager di TAP che dimostra di aver approfondito il problema – sulla quale c’è uno scontro legale perchè British Gas ha riconsegnato l’area all’Autorità Portuale che però non l’ha presa in consegna, temendo azioni risarcitorie”.

Insomma un ginepraio nel quale fa capire russo, TAP non ha nessuna voglia di andarsi ad infilare. Tanto più che – spiega il country manager – sbarcare a Brindisi significherebbe recuperare alcuni studi già effettuati da TAP, ma anche ricominciare la procedura di VIA: un passo che sarebbe possibile solo di fronte ad una grande prova di maturità del governo nazionale, dell’amministrazione regionale, nonchè delle istituzioni brindisine.

Quindi, sul territorio messapico TAP avrebbe a che fare con un quadro complesso (il Comune è saldo nelle mani di Mimmo Consales, ma la Provincia è commissariata e ha futuro incerto). E in ogni caso dovrebbe fare i conti con la Regione Puglia che durante la procedura di VIA ha negato le sue autorizzazioni al gasdotto, con una pronuncia secondo TAP illegittima: “A Bari – rivela Russo – abbiamo incontrato la vicepresidente Angela Barbanente, l’assessore Loredana Capone e il capo di Gabinetto del presidente Vendola, Davide Pellegrino. Ma non l’assessore all’Ambiente Lorenzo Nicastro, che ci ha rifiutato un incontro”, aggiunge Russo che nega, invece,  qualunque contatto di cui pure molto s’è parlato  con Roberto De Santis, l’imprenditore di Martano, dalemiano di ferro che parlava di TAP nelle sue telefonate con Giampaolo Tarantini intercettate dalla Finanza di Bari. “Nè io, nè il management di TAP l’abbiamo mai conosciuto – dice Russo – non escludo che avesse un suo progetto che aveva in animo di rivenderci, cosa mai avvenuta”.

Insomma, per ritornare al cambio di sbarco, sul tavolo brindisino le carte giocano a sfavore del gasdotto  fa capire Russo che intanto continua a offrire miglioramenti sul tavolo leccese, con un progetto che è tutto nuovo o quasi. Approdo non a Punta Cassano ma a S.Basilio, centrale di depressurizzazione non vicino Acquarica di Lecce ma nei pressi di Castrì e non più dotata di bruciatori ma di riscaldatori elettrici. Quindi zero rischi ambientali, afferma Russo, a fronte di alcuni benefici per il territorio: assunzione di manodopera locale, alcuni appalti anche a ditte salentine, nonchè un fondo di compensazione di 5 milioni di euro da destinare a progetti anti-erosione, gestiti da un organismo misto (imprenditori turistici, amministratori locali, scienziati del CMCC e associazioni ambientaliste).

Il rapporto con gli ambientalisti rimane spinoso: ce ne sono alcuni – come quelli di Legambiente – nel complesso favorevoli al progetto. Altri – il comitato NO TAP, l’associazione Tramontana – nettamente contrari. “È il motivo per cui non siamo riusciti ad organizzare un dibattito con tutti – afferma Russo – a causa dei veti incrociati tra ambientalisti”. Le differenze tra ambientalisti sicuramente esistono. Ma naturalmente non aiutano a fidarsi di TAP episodi come quelli delle analisi in mare, effettuate in assenza di personale ARPA e quindi – di fatto – inutilizzabili. “E’ stato un errore – dice Russo – commesso da un nostro uomo norvegese, che ha ritenuto che bastasse un ente pubblico e ha incaricato il CNR di Taranto: un errore che ci costerà caro – aggiunge il country manager – visto che dovremo rifarle dopo l’estate”.

Ma ben prima della fine dell’estate, il quadro dovrebbe essere ben più chiaro: perchè il 25 giugno il consorzio di Shah Deniz deciderà a chi affidare il gas dell’Azerbaijan, se a TAP tramite il percorso meridionale o a Nabucco  tramite il tracciato settentrionale. Per cui, per capirne di più e anche valutare cambiamenti o nuovi progetti, occorre aspettare la fine del mese.

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