SAN FOCA (LE) – I sondaggi sul fondale di San Foca effettuati da TAP per il mega gasdotto sarebbero ‘difformi’ da quanto stabilito dalla procedure di legge. A metterlo nero su bianco è l’ARPA Puglia, nell’informativa depositata in Procura a metà febbraio, ma il cui contenuto inizia a trapelare solo in questi giorni.
Sulla scrivania del Procuratore del pool Ambiente, Ennio Cillo, e del Sostituto Antonio Negro, titolare del fascicolo d’indagine al momento a carico di ignoti e privo di ipotesi di reato, è arrivata la fitta corrispondenza intercorsa tra l’Agenzia Regionale per l’Ambiente e i responsabili di SAIPEM, la società che per conto della Trans Adriatic Pipeline ha effettuato il monitoraggio nelle acque della marina di Melendugno.
Ciò che emerge è un chiaro braccio di ferro su chi avrebbe dovuto effettuare i monitoraggi e il nodo serissimo sulla validità dei campioni prelevati. Quei carotaggi ora rischiano, dunque, di dover essere ripetuti.
Andiamo con ordine. A febbraio SAIPEM ha chiesto ad ARPA di processare i materiali prelevati, 14 barattoli di sedimenti marini che devono essere analizzati in vista della posa della condotta sottomarina. La consegna è che i risultati dovrebbero “essere consegnati il più presto possibile”.
Dopo giusto due giorni, l’ARPA risponde, ricordando la procedura che avrebbe dovuto essere seguita: la società avrebbe dovuto chiedere formalmente alla Direzione generale ARPA Puglia l’attivazione di una collaborazione onerosa. ARPA, sulla base della propria disponibilità, avrebbe dovuto accettare formalmente la richiesta e poi stipulare la convenzione.
Cos’è successo invece? Nello stesso giorno, SAIPEM risponde di aver preso contatti con altri laboratori, poichè TAP “necessitava di una risposta immediata”. Ed è a questo punto che l’Agenzia Regionale per l’Ambiente svela l’arcano. E lo fa in maniera tranchant. A suo giudizio, il DM del 24 gennaio 2006 prevede che le analisi dei sedimenti, finalizzate al procedimento autorizzativo, vengano svolte da ARPA, che i campioni siano prelevati sotto la direzione di un tecnico della stessa ARPA. Solo in caso di dichiarata sua indisponibilità, ci si sarebbe potuti rivolgere a un altro laboratorio.
Ma ARPA non ha mai detto di essere indisponibile. Anzi, comunica la propria disponibilità a svolgere i monitoraggi, secondo quanto previsto per legge. Di conseguenza, rimarca di non poter analizzare, invece, campioni prelevati da altri in sua assenza, “non potendone certificare la provenienza”. È questo che si riporta anche in una nota inviata per conoscenza, tra gli altri, alla provincia di Lecce, nota in cui sottolinea appunto “la non accettabilità – testuali parole – di campioni già prelevati, in evidente difformità da quanto previsto nel decreto del ’96”.