BARI – Il segretario regionale del PD Sergio Blasi si è dimesso. Finisce con una dura presa di posizione da parte dell’ex Sindaco di Melpignano, il braccio di ferro con la direzione nazionale del partito che ha rispedito al mittente la proposta delle liste varata non più tardi di domenica sera a Bari.
“Molto valida” ha commentato la direzione nazionale, ma “le esigenze sono altre”.
In pratica da Roma si intende imporre nelle liste pugliesi otto parlamentari e non sei e tra l’altro sistemarli in postazioni utili come la sesta, decima e la quattordicesima e non alla diciassettesima, diciottesima e diciannovesima come deciso dal regionale.
In buona sostanza a farne le spese saranno i pugliesi che hanno affrontato le primarie.
E Blasi proprio per questo non ci sta. Alle 2.45 di questa notte, ha consegnato tramite lettera le sue dimissioni e il testo recita questo: “Il sottoscritto Sergio Blasi in pieno ed assoluto dissenso con il gruppo dirigente nazionale del PD, per aver tradito spirito delle primarie ed aver invaso le liste pugliesi di ‘immigrati dal Nord’ si dimette irrevocabilmente dalla carica di segretario regionale della Puglia”.
Se alle 18 l’esito della direzione nazionale confermerà la linea romana, allora le dimissioni saranno ormai effettive. Solo un ripensamento può indurre Blasi a ritirarle.
Più o meno in contemporanea si dovrà riunire anche l’assemblea regionale di SEL e anche in quella sede i malumori non saranno celati. Molti sono gli scontenti dall’esito delle primarie, tanti i ricorsi presentati e poca la trasparenza denunciata a più voci da chi si è sottoposto al voto dell’elettorato per il piazzamento in lista. Sarà il leader Nichi Vendola a dover sbrogliare la matassa prima che anche in Sinistra e Libertà la bomba esploda più forte.
Più serena la situazione nel Movimento Regione Salento. Il direttivo ha accolto con favore la proposta federativa con il MIR, Moderati in Rivoluzione, di Giampiero Samorì e ha dato mandato al presidente Paolo Pagliaro di decidere la collocazione più giusta tra Camera e Senato.
Nottata persa anche per il PDL che ha stabilito le regole per la ricandidatura. Fuori dalle liste chi ha alle spalle tre mandati e chi ha superato i 65 anni. Il ché mette a rischio il 75% degli uscenti salentini, fatta eccezione per Vitali e Gallo.
Ma il problema potrebbe essere risolto, come già avvenuto nel PD, con la concessione delle deroghe. Di cui Berlusconi è già sommerso.