TARANTO – Nelle prossime ore, l’Ilva di Taranto entrerà probabilmente nella fase più difficile dopo il sequestro per disastro ambientale disposto dalla magistratura lo scorso 25 luglio. La nota diffusa dal Procuratore capo della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, è chiara e non lascia spazio ad equiviosi di sorta: l’azienda non puo produrre, deve solo risanare gli impianti.
L’ultima ordinanza, in paricolare, si articola in 3 punti:
1°) Il sequestro impone l’eliminazione delle emissioni inquinanti e pericolose e inibisce qualunque attività produttiva degli impianti sequestrati;
2°) L’utilizzo degli impianti in questione è consentito all’unico fine della bonifica degli stessi in vista della loro eventuale successiva riutilizzazione a fini produttivi e che pertanto occorre adottare tutte le cautele necessarie per evitare, ove possibile, il deterioramento o la distruzione degli impianti medesimi;
3°) Infine, il sequestro inibisce l’utilizzo degli impianti e delle aree sequestrati a fini produttivi, ivi compresi i parchi minerali.
E a proposito del parco minerali, termineranno nelle prossime ore le operazioni di scarico delle materie prime ai pontili dell’Ilva dell’ultima nave autorizzata dai custodi giudiziali a seguito della disposizione di blocco per i parchi minerali. Dopodichè, tutte le navi che stanno facendo rotta verso Taranto per scaricare al siderurgico carbon fossile e minerale di ferro, dovranno essere autorizzate dagli stessi custodi come precisa la direttiva impartita all’azienda nei giorni scorsi.
Da fonti aziendali si apprende che un’altra nave è già nella rada di Taranto e che altre 6 sono in navigazione verso Taranto, essendo il Brasile, nella maggior parte dei casi, il Paese dal quale l’Ilva si approvvigiona di materie prime per il funzionamento degli altiforni. Queste nuove navi dovranno perciò essere, eventualmente, essere autorizzate dai custodi che nel loro provvedimento fanno espressamente riferimento alla possibilità di una deroga rispetto al blocco a fronte d’una richiesta da parte dall’Ilva.
Lo stop al parco minerali è stato adottato per bloccare la diffusione di polveri verso la città e in particolare verso il vicino quartiere Tamburi, essendo carbon fossile e minerale di ferro stoccati all’aperto. Nella riunione del tavolo istituzionale a Bari convocato dalla Regione, il Presidente dell’Ilva Bruno Ferrante, ha affermato che a seguito del provvedimento il parco minerali è passato da una quantità di 2,5 milioni di materie prime stoccate ad una di 1,7 milioni di tonnellate e che questa quantità è sufficiente ad assicurare la marcia degli impianti solo per 20 giorni. L’altezza media dei cumuli di materie prime è di circa 14 metri.