SAN DONACI (BR) – L’autopsia sul corpo del 29enne Antonio Presta, oltre a confermare le cause del decesso, non ha fornito agli investigatori nessun nuovo particolare che possa aiutare nell’identificazione dei killer. Come già rilevato dai carabinieri nei minuti successivi al decesso, il corpo del figlio dell’ex pentito Gianfranco è stato raggiunto da 3 colpi di fucile a pallettoni calibro 32 e 6 di pistola calibro 38.
Ovvero, le stesse armi abbandonate e poi ritrovate sul luogo del delitto. Quel che è certo, che gli assassini si sono accaniti sul giovane, ulteriormente picchiato e colpito con il calcio del fucile. Intanto, i militari della stazione di San Donaci stanno interrogando alcuni sospetti.
Nella giornata di ieri, ascoltati 3 indagati del posto, sottoposti alla prova dello Stub. Altri dettagli utili alle indagini potranno arrivare dai rilievi sul Dna lasciato sulle armi e sull’auto utilizzata dal commando di 3 uomini. Una Lancia Delta Bianca, nuova serie, impregnata dal codice genetico degli assassini.
Eppure, quello che al momento manca davvero è il movente. Chi e perché ha ordinato l’esecuzione di Presta? Si sta battendo nel passato del ragazzo che nel suo curriculum poteva vantare una lunga serie di reati e secondo gli inquirenti, il coinvolgimento nel traffico di armi e droga.
Proprio questa pista, legata al passato più recente del ragazzo, viene considerata più attendibile di quella che, con un salto temporale di oltre 15 anni, ricollegherebbe l’agguato di mercoledì notte alla figura del padre, ex collaboratore di giustizia, ma ormai slegato dalle odierne faccende di una criminalità organizzata in disarmo.