Cronaca

Sebastio su Ilva: “Voglio i fatti”. Scintille con Ferrante

TARANTO – Il Procuratore capo di Taranto, Franco Sebastio, come San Tommaso. Sull’Ilva è chiaro e riaccende i carboni ancora ardenti del braccio di ferro con l’azienda, scontro che sembra intraprendere una strada in discesa dopo l’intervento del Governo. “Come cittadino devo constatare che qualcosa si muove e questo fa ben sperare. Ma come magistrato – sottolinea- io ho il difettaccio di avere trent’anni di esperienza e voglio vedere proprio i fatti”.

Dichiarazioni significative quelle che Sebastio rilascia alla vigilia dell’invio dei tecnici Ilva a Roma, dove dovranno lavorare assieme alle istituzioni per recepire nella nuova Autorizzazione integrata ambientale le prescrizioni dettate dal Gip Patrizia Todisco, la stessa che ha disposto il sequestro degli impianti e dell’area a caldo lo scorso 26 luglio. Questo è quanto ha previsto il Governo, nel vertice di venerdì a Taranto, a cui hanno preso parte i Ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, Clini e Passera. L’Ilva sa di non avere altra scelta e il Presidente Bruno Ferrante fa di necessità, virtù : “’Finalmente – dice – si sono create le condizioni perchè la dimensione processuale e quella politica trovino un punto di contatto. Abbiamo rinunciato a tutti i ricorsi, un’ulteriore conferma della nostra disponibilità al dialogo”. Ma a qualcuno non basta. Come non bastano i “146 milioni di euro per gli interventi a tutela dell’ambiente, per cui sono già in corso le opere per realizzare gli interventi, come la barriera frangivento ai confini dei parchi minerari per il contenimento delle emissioni di polveri pesanti o l’installazione di un sistema per campionamento a lungo termine delle diossine dal camino E312”.

Le dichiarazioni rilasciate a ‘La Stampa’ da Ferrante non fanno breccia, appunto, nei pensieri di Sebastio. “Come magistrato non partecipo alle concertazioni – ha sottolineato il Procuratore -. Noi dobbiamo stare rigorosamente fuori dai tavoli, la leale collaborazione è doverosa, ma nell’assoluto rispetto delle rispettive competenze”. A chi parla di ‘vittoria’ per il fatto che la nuova Aia accoglierà tutti i rilievi del Gip, stop degli impianti escluso, Sebastio risponde che è ”meglio abbandonare i termini guerreschi. L’azione del magistrato – prosegue – deve produrre risultati in funzione dell’indagine della quale si sta occupando, non all’esterno. Il magistrato non deve cambiare la società, ma accertare se ci sono stati reati e perseguirli. Il resto non ci deve competere”.

La magistratura tarantina, assicura, non ha chiuso occhi negli anni: ”la prima indagine contro l’Italsider – ricorda – è del 1982, ho personalmente condannato l’allora Direttore Sergio Noce per diffusione di polveri. Poi l’Italsider è stata condannata per gli scarichi inquinanti a mare. E sempre per quanto riguarda questa azienda ad ottobre ci saranno le udienze di due grossi processi penali per la morte per mesotelioma pleurico di 30 operai”.

Intanto continuano  i controlli, come quelli del blitz dei carabinieri del Noe, per 4 ore, nella notte tra venerdì e sabato, e poi i numeri. Quelli legati ai fondi stanziati per le bonifiche, troppo pochi per qualcuno, sia quelli messi sul tavolo dall’azienda, 146 milioni di euro, insufficienti per la Fiom Cgil, sia quelli stanziati da Roma  per la bonifica del quartiere Tamburi, 8 milioni di euro contro i 5 miliardi (3 pubblici e 2 privati) stanziati giustamente nei mesi scorsi per Porto Marghera, come sottoliena il leader dei Verdi Angelo Bonelli. Infine, i dati choc, quelli sulla salute, che torna a diffondere uno dei periti incaricati dal Gip, Annibale Biggeri: un morto ogni tre mesi e un eccesso di tumori maligni del 25%.

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