LECCE – C’è un pezzo più che significativo di questa terra nel rush che chiuderà la 18esima edizione del Premio ‘Ilaria Alpi’. “Puglia protagonista della categoria miglior servizio di televisioni locali e regionali, con due dei tre servizi in finale prodotti dalla salentina Telerama”. È così che la giuria annuncia i finalisti, in vista della proclamazione dei vincitori che si terrà il prossimo 8 settembre a Riccione.
E due su tre, appunto, sono lavori di inchiesta del direttore di Trnews Danilo Lupo, già vincitore della precedente edizione nella stessa sezione e della collega della redazione brindisina Lucia Portolano, lavori che rendono questa emittente la portabandiera del giornalismo locale d’inchiesta di tutto il Meridione. La terza finalista, infatti, è piemontese, Daniela Giacometti di Telesubalpina, con il dramma Eternit.
“Mi hanno detto che la mia vita finisce questa sera, ma io dico a loro che non ho paura”. E’ una delle primissime dichiarazioni in cui vengono a galla le minacce di morte che, lo scorso anno, hanno segnato Boncuri e il sistema violento del caporalato nelle campagne di Nardò. A parlare è Yvan Sagnet, che animerà quella rivolta. A raccogliere la sua denuncia è Danilo Lupo per lo speciale Trnews che nel luglio 2011, ripercorre lo sciopero dei braccianti, le tensioni, la cappa di intimidazioni. Con le immagini di Andrea Giannattasio, ‘La rivolta dei migranti e le minacce dei caporali’, pone un quesito fondamentale: “Dov’è lo Stato a Nardò?”.
Con ‘Mesagne e la Scu’, invece, Lucia Portolano si lancia sulle tracce della sacra corona unita. Voci, silenzi e volti della città che è stata culla della criminalità organizzata salentina, ma che ha fatto tanta strada per allentare la sua morsa. Una città in cui mafia e antimafia convivono sugli stessi vicoli e dove ‘Libera’ sta seminando riscatto. Un viaggio – quello andato in onda nella puntata dell’‘Indiano‘ di marzo e filmato da Emiliano Buffo – che parte dalla frase riportata dal Procuratore capo Cataldo Motta,“I mesagnesi solidarizzano con la scu”, pronunciata dal boss Ercole Penna, ora collaboratore di giustizia. Nodo nevralgico dell’inchiesta l’intervista shock al padre di lui, Ennio Penna che ammette di essere stato assieme a Pino Rogoli, uno dei fondatori della quarta mafia, che ora non esiste più. E poi lancia un messaggio più che eloquente al figlio pentito: “Accidite”.
di Tiziana Colluto