Cronaca

Matilde Montinaro scrive al fratello vittima della Strage di Capaci

SALENTO – In occasione del 23 maggio ricorrenza della Strage di Capaci (avvenuta il 23 maggio 1992) in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, i ragazzi della scorta Rocco Dicillo e Vito Schifani e il caposcorta Antonio Montinaro, la sorella Matilde Montinaro scrive una lettera al fratello. Parole toccanti che ricordano la loro vita insieme e che raccontano come sono stati vissuti questi lunghi anni senza Antonio. Questa una parte della commovente lettera:

Sento il bisogno di dirti parole che vorrei fossero nuove, ma so per certo di non dirti nulla che tu non sappia già! Ho riaperto un cassetto, uno di quelli che si tiene chiusi per anni. Ho sempre creduto che tra le cose più belle della nostra vita ci siano i ricordi, credo siano persino più belli dei sogni, perché nei ricordi resistono frammenti di realtà. Certo, i ricordi possono essere neri, tristi, ma senza di essi non siamo nulla e a volte possono diventare per noi un regalo da aprire quando desideriamo riempirci di gioia. Il mio pensiero va a quando da bambini quei disegni ci portavano a immaginare di affrontare belve strane e sconosciute e tu t’imponevi il coraggio di combattere battaglie per liberare il mondo.

“Fiore di maggio” cantava una delle tue canzoni preferite e a noi, da bambini, in un’infanzia semplice, ma piena di vita, quel mese, forse per il risveglio completo della natura che vivevamo spensierati nel nostro giardino, ci trasmetteva forti emozioni. Mai, e dico mai, avrei immaginato, che col tempo, questo mese avrebbe assunto un “colore” diverso e che quelle emozioni avrebbero lasciato il posto alla tristezza, al dolore alla rabbia.

Il 23 maggio del ‘92 caro, Antonio, ha cambiato la vita e, forse, anche la storia di questo Paese. Quei 600kg di tritolo, esplosi sotto l’autostrada che collega Puntaraisi a Palermo e che tu, Rocco, Vito, il dott. Falcone e la dott.ra Morvillo, percorrevate, sono entrati violentemente in casa nostra e da allora niente, dico niente, è stato più come prima. “

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