LECCE – È stata impugnata ufficialmente da 94 comuni della provincia di Lecce, compreso il capoluogo, la determina regionale del 10 marzo del Dirigente della Sezione Ciclo Rifiuti e Bonifiche della Regione Puglia, che ha fissato l’ecotassa, il tributo speciale sui rifiuti che vanno a finire in discarica, a 25,82 euro a tonnellata; cifra a cui va aggiunta la penalità di 5,16 euro per il mancato raggiungimento del livello minimo di raccolta differenziata del 65 per cento. Tradotto: l’ecotassa lievita a 31 euro a tonnellata. Il Tar ha accolto la sospensiva immediata e emesso un decreto cautelare per cui i comuni pagheranno il minimo.
Tutti tranne Patù e Corigliano, che non hanno presentato ricorso. L’udienza è stata fissata il 26 maggio.
A rappresentare i comuni leccesi contro la determina è l’avvocato Luigi Quinto, che ha ora notificato un nuovo ricorso contro la Regione, relativo all’ ecotassa per l’anno 2020.
Secondo la determina, si può applicare il costo minimo a tonnellata di 5,16 euro solo se sussistono le stesse condizioni che si sono verificate presso i comuni che avevano presentato ricorso per le annualità 2014-2019. Quanto stabilito nella battaglia sull’ecotassa tra la Regione e i comuni che i giudici hanno aggiudicato a questi ultimi in due gradi di giudizio e fino alla Corte Costituzionale, è che, stando alla tipologia di impianti di trattamento presenti sul territorio, il residuo che va a finire in discarica va classificato come “scarti e sovvalli”, per i quali l’ecotassa va abbattuta al 20 per cento, tornando a essere pari al minimo. Secondo la Regione è solo eventuale l’applicazione di quanto hanno già stabilito i giudici.
I Comuni, invece, rivendicano quella premialità, riconosciuta in via definitiva, a loro dire, dal Consiglio di Stato. Ecco perché si ritorna in tribunale.