LECCE- 94 comuni, cioè quasi tutti quelli leccesi, hanno già vinto la battaglia sull’ecotassa contro la Regione, sconfitta in due gradi di giudizio e persino dinanzi alla Corte Costituzionale, di fronte alla quale il Tar aveva sollevato una questione di costituzionalità relativa alla legge 38 del 2011. Eppure, ci risiamo: si ricomincia daccapo, perché quella mazzata torna dietro l’angolo e con cifre ancora maggiori. Ecco perché in questi giorni la quasi totalità dei Comuni, capoluogo compreso, sta firmando il mandato all’avvocato Luigi Quinto per presentare un nuovo ricorso ai giudici amministrativi.
A dover essere impugnata, stavolta, è la determina regionale del 10 marzo scorso del Dirigente della Sezione Ciclo Rifiuti e Bonifiche, che ha fissato l’ecotassa, cioè il tributo speciale su quei rifiuti che vanno a finire in discarica, a 25,82 euro a tonnellata, a cui va aggiunta persino la penalità di 5,164 euro per il mancato raggiungimento del livello minimo di raccolta differenziata del 65 per cento. Tradotto: l’ecotassa lievita a 31 euro a tonnellata.
Secondo la Regione, è solo eventuale l’applicazione di quanto hanno già stabilito i giudici, per cui l’ecotassa va applicata al minimo, quindi a 5,16 euro a tonnellata. E infatti, secondo la determina, questo può succedere solo se sussistono le medesime condizioni che si sono verificate presso i comuni che avevano presentato ricorso per le annualità 2014-2019.
I Comuni rivendicano quella premialità, riconosciuta in via definitiva, a loro dire, dal Consiglio di Stato. Ecco perché entro fine mese intendono impugnare il nuovo provvedimento regionale, che mette in dubbio la sussistenza dei requisiti per continuare a conseguire il beneficio, violando a loro avviso il giudicato che si è già formato sulla questione.
E sembra certo, stavolta, che ad aderire al ricorso sarà la totalità degli enti visto che per nessuno di loro è stato previsto il minimo, ma l’applicazione di un’aliquota pari ad almeno 16 euro a tonnellata. Come si diceva, si ricomincia daccapo, con dispendio di tempo e denaro pubblico: gli stessi tribunali che hanno già giudicato, infatti, non possono non rifarsi al principio che hanno già stabilito e cioè che, stando alla tipologia di impianti di trattamento presenti sul territorio, il residuo che va a finire in discarica vanno classificati come “scarti e sovvalli”, per i quali l’ecotassa va abbattuta al 20 per cento, tornando ad essere cioè pari al minimo, a 5,16 euro.