Cronaca

La dura lotta per il monopolio con i De Lorenzis e la lunga ala protettrice dei Coluccia

GALATINA – Non solo minacce, estorsioni ed appostamenti fuori dalle attività. Per convincere i titolari di bar e sale giochi ad installare le proprie macchinette, avrebbero fatto ricorso anche alle botte. Il tutto per farsi spazio in una piazza già di dominio altrui e rivendicata a chiare lettere dai De Lorenzis.

Sono alcuni dei punti salienti che emergono dall’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari Edoardo D’Ambrosio. Il modus operandi dei fratelli Marra, finiti in arresto nelle scorse ore, è risultato evidentemente assimilabile a quello di stampo mafioso, con un’aggravante palesata in più occasioni: l’essere certi di godere della protezione, forte, del Clan Coluccia, così come di fatto è emerso dalle dichiarazioni di ben tre pentiti e un lungo faldone di intercettazioni trascritte dagli inquirenti.

In merito al conflitto di interessi con i De Lorenzis, illuminante un episodio in un bar di Galatina risalente al novembre 2010. Un dipendente della ditta “Minnie s.r.l” dei De Lorenzis stava proponendo al titolare dell’attività l’installazione di una slot machine. A quel punto – stando a quanto dichiarato – sarebbe stato avvicinato da un uomo che lo invitava a seguirlo nella parte retrostante del locale. L’uomo in questione, successivamente identificato come Alberto Marra, gli avrebbe poi strappato di mano i documenti delle slot, accompagnando il gesto con queste parole: “Da Galatina ve ne dovete andare, avete rotto il ca*** voi e la ditta Minnie“. Dopo aver lasciato il locale, il dipendente dei De Lorenzis sarebbe poi stato pedinato in auto dal Marra per un lungo tragitto.

Minacce e metodi intimidatori, quelli dei fratelli, che non si sarebbero fermati alle sole parole. Questo è quanto emerso, invece, dalle dichiarazioni del pentito Vincenzo Antonio Cianci che lo scorso aprile raccontò ai magistrati il giro d’affari e la struttura del Clan Coluccia. In relazione ad un altro bar di Galatina, Cianci racconta un episodio di cui è venuto a conoscenza. Gabriele De Paolis, genero di Luigi Coluccia e longa mano dei Marra, avrebbe percosso e schiaffeggiato insistentemente il titolare dell’attività, riluttante all’installazione dei videogiochi dei Marra. Botte che il titolare ha però negato, confermando di contro di aver subito minacce e danni ai dispositivi del locale. Metodi persuasivi che lo avrebbero indotto, di fatto, ad installare le macchinette dei due fratelli di Galatina.

Tornando al ruolo di Gabriele De Paolis, è proprio quest’ultimo ad essere stato individuato come il trait d’union tra i Marra e il Clan Coluccia (al quale è legato, si diceva, da rapporti di parentela acquisiti).

Nella prima chiamata diretta intercorsa tra De Paolis e Massimiliano Marra quest’ultimo lo invita direttamente al proprio matrimonio, chiedendogli se il figlio potesse fare il pagetto. È da questo momento in poi che il rapporto si fa più fitto e confidenziale, sfociando in uno scambio di favori privati: De Paolis, in più occasioni, utilizza i mezzi aziendali dei Marra per se stesso e per gli amici. Dal canto suo Massimiliano Marra si avvale delle conoscenze di De Paolis per risolvere alcune rogne, come il rilascio del libretto sanitario del figlio oppure la ricerca di un’autovettura di lusso, evidentemente da utilizzare al proprio matrimonio. Cerimonia alla quale parteciperanno, tra l’altro, diversi soggetti di caratura criminale.

L’ala protettiva del clan coluccia è talmente forte da esterndersi, infine, anche alla sfera privata. A testimoniarlo la telefonata tra Massimiliano Marra e un gioielliere raggiunto dalla moglie per un acquisto costoso. A Marra il gioielliere dice: “ti ho fatto il prezzo all’ingrosso che faccio alla famiglia Coluccia”. Dimostrando così di conoscere il rapporto tra le due famiglie, nella consapevolezza di dovere loro lo stesso “rispetto”.

E.Fio

 

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