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Fiamme gialle all’ex Ilva: al vaglio documenti di Arcelor. Venerdì nuovo vertice romano

Mentre al varco di ingresso ovest dell’ex Ilva prosegue il presidio degli autotrasportatori, nello stabilimento in mattinata sono intervenute le fiamme gialle.

La Guardia di Finanza in queste ore sta acquisendo tutti gli atti e i documenti di Arcelor Mittal che dovranno essere attenzionati nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla Procura tarantina e nata dalla denuncia dei commissari straordinari del colosso siderurgico.

Le accuse mosse nei confronti della società franco-indiana sono pesanti: secondo i commissari avrebbe assunto comportamenti lesivi dell’economia nazionale e sottratto materie prime, oltre ad aver arrecato danno agli impianti dello stabilimento.

Sempre in queste ore i pm titolari dell’inchiesta, al momento con nessun iscritto sul registro degli indagati, stanno procedendo all’ascolto di altri testimoni.

Il prossimo faccia a faccia tra Conte e Mittal è previsto per questo venerdì. Potrebbe essere decisivo dacché la trattativa, sottotraccia, va avanti da alcuni giorni.

Secondo alcune indiscrezioni trapelate da Palazzo Chigi, i margini per un confronto proficuo ci sarebbero. Venerdì, sul tavolo della trattativa, il Governo potrebbe infatti portare un decreto per reintrodurre lo scudo penale e anche la possibilità di ammortizzatori sociali fino a 3000 dipendenti dell’acciaieria, oltre a ipotizzare un ingresso della Cassa Depositi e Prestiti nell’azionariato. Proposte che alla vigilia dell’incontro saranno comunque discusse in Consiglio dei Ministri.

Mercoledì prossimo i magistrati si pronunceranno sul ricorso d’urgenza dei commissari contro il recesso di Mittal. Intantol’azienda ha sospeso lo spegnimento dell’altoforno 2.

Per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella bisogna fare presto.

Già a partire da lunedì è iniziato lo sciopero della categoria, che rivendica, come le altre aziende dell’indotto, il pagamento delle fatture in sospeso.

Il credito complessivo maturato da 150 aziende dell’appalto ammonterebbe a circa 60 milioni di euro. Molte aziende dell’indotto hanno già avviato le procedure di cassa integrazione, fatto ritirare gli operai dai cantieri e, per assenza di liquidità, sospeso il pagamento degli stipendi.

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