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Caos ex Ilva, Arcelor Mittal lascia: “Incertezza giuridica e operativa”

ROMA- ArcelorMittal, il colosso anglo-indiano che ha rilevato il siderurgico, ha intenzione di lasciare Taranto: ha notificato ai commissari straordinari dell’azienda la volontà di rescindere l’accordo per l’affitto con acquisizione delle attività di Ilva Spa e di alcune controllate.

Un colpo di scena. Stando a quell’accordo chiuso il 31 ottobre dello scorso anno, ArcelorMittal “ha chiesto ai Commissari straordinari di assumersi la responsabilità delle attività di Ilva e dei dipendenti entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione”. Nel pomeriggio, vertice a Palazzo Chigi con i ministri Stefano Patuanelli (Sviluppo Economico), Giuseppe Luciano Provenzano (Sud), Sergio Costa (Ambiente), Roberto Speranza (Salute), Nunzia Catalfo (Lavoro), Roberto Gualtieri (Economia). Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte convocherà i vertici del gruppo per domani pomeriggio.  

Oltre al mancato scudo legale e ai provvedimenti del tribunale di Taranto, argomenta ArcelorMittal, anche “altri gravi eventi, indipendenti dalla volontà di ArcelorMittal, hanno contribuito a causare una situazione di incertezza giuridica e operativa che ne ha ulteriormente e significativamente compromesso la capacità di effettuare necessari interventi presso Ilva e di gestire lo stabilimento di Taranto”. “Tutte le descritte circostanze attribuiscono alla Società anche il diritto di risolvere il Contratto in base agli applicabili articoli e principi del codice civile italiano”.

“Confermo quello che ho sempre detto sull’Ilva – attacca il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano – cioè che se non fosse mai esistita sarebbe stata una fortuna per la Puglia e per Taranto. Ma la fabbrica esiste, uccide cittadini e operai, è totalmente illegale come dimostra lo stesso management di Arcelor Mittal che senza una immunità penale speciale, che esisteva in Europa solo per loro e che non è consentita a nessun’altra azienda, intima con arroganza allo Stato italiano di riprendersi la fabbrica entro 30 giorni. Il nostro ordinamento già prevede la non punibilità di chi osserva la legge e ricordo a me stesso che l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) in Italia è legge dello Stato e che tutti gli atti per il suo adempimento sono legittimi per definizione e quindi immuni dal diritto penale. Si saranno forse accorti che hanno firmato un contratto che non reggono economicamente? E soprattutto che l’altoforno 2 è in uno stato così deteriorato da non essere utilizzabile se non a costi altissimi? Si saranno di certo accorti che a 4 milioni di tonnellate come limite produttivo non riescono a mantenere gli impegni occupazionali che hanno sottoscritto. Ma la soluzione non è far implodere la fabbrica per la deresponsabilizzazione di Arcelor Mittal, lasciandola al suo destino. Lascerebbero una bomba ecologica irrisolta e migliaia di disoccupati. E questo è semplicemente inaccettabile”.

Lavoratori e sindacati inevitabilmente in allarme. “Partono da oggi i 25 giorni per cui lavoratori e impianti ex Ilva torneranno all’Amministrazione Straordinaria. Tra le motivazioni principali, il pasticcio del Salva-imprese sullo scudo penale”, afferma il segretario nazionale della Fim Cisl Marco Bentivogli. La decisione di ArcelorMittal è “inaccettabile. L’incontro con il governo, che chiediamo da settimane, diventa ormai urgentissimo”, afferma la segretaria generale della Fiom-Cgil, Francesca Re David, in una nota.

Tutto ciò conferma “quanto sia stato sbagliato non considerare la salute un problema prioritario quanto quello del lavoro”, dichiarano Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia, e Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto. “Una sequela di decreti non ha detto l’unica cosa sensata che andava stabilita fin dall’inizio: qual è la quantità di acciaio che si può produrre a Taranto senza creare danni inaccettabili per la salute dei suoi cittadini? Occorre prioritariamente – ora come allora – stabilire su basi scientifiche, sulla scorta di una Valutazione preventiva dell’impatto ambientale e sanitario, se e quanto si può produrre nello stato attuale degli impianti e quanto si potrà produrre a Piano ambientale realizzato. Sia che il gestore degli impianti sia Arcelor Mittal, sia che siano i Commissari di Ilva in Amministrazione Straordinaria o chiunque altro ancora. Questa sarebbe la vera e unica immunità accettabile: nessuno che gestisca l’impianto correttamente potrebbe poi essere accusato di creare malattie e morti”.

Taranto è sotto choc. Usa parole pesanti anche l’arcivescovo metropolita Filippo Santoro: “Leggo con non poca preoccupazione le ultime notizie relative al comunicato di Arcelor Mittal in merito allo stabilimento tarantino. I toni perentori poco si addicono al rapporto tra le parti che dovrebbe essere invece caratterizzato da buon senso e responsabilità. Non si possono chiedere “le mani libere” quando in gioco ci sono la salute e il futuro di tante persone, di un’intera città e della sua provincia. Abbiamo già sperimentato con la precedente proprietà quali sono i frutti amari e velenosi di uno sviluppo legato esclusivamente al profitto. Ancora una volta mi ispiro alla Laudato si’ di papa Francesco e invito tutti i protagonisti di questa estenuante vicenda a perseguire ogni possibile strada conduca a coniugare salute e lavoro in virtù di quella “ecologia integrale” che vede l’uomo protagonista e non schiavo dello sviluppo”.

 

 

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