Cronaca

Omicidio Noemi, le motivazioni dell’Appello. Lucio violento anche in carcere

LECCE-“Al momento dell’omicidio Lucio era in grado di intendere e di volere”. Sono state depositate le motivazioni della sentenza d’Appello che il 7 giugno scorso ha confermato la condanna in primo grado a 18 anni e 18 mesi

(come chiesto dal Procuratore Generale Salvatore Cosentino) per Lucio Marzo, accusato dell’omicidio volontario di Noemi Durini, il 3 settembre del 2017. I giudici ( presidente Maurizio Petrelli, consigliera Alessandra Ferraro) nella sentenza avevano respinto i punti sui quali il legale del ragazzo, l’avvocato Luigi Rella, aveva presentato Appello, ritenendo ad esempio: “Del tutto condivisibile la conclusione del gup che aveva escluso che, nel momento in cui commise i fatti, Lucio presentasse profili psico patologici tali da elidere o dimuire gravemente la capacità di intendere e di volere”. I giudici hanno condiviso le conclusioni alle quali erano arrivati i periti: “In relazione al fatto è soggetto capace di intendere, egli ha compreso il disvalore e l’abnormità del gesto commesso, proprio per questo ha avuto la rapida e perseverante premura di allontanare da sé ogni sospetto e, dopo la confessione, di aver più volte disorientato gli interlocutori verso alterne versioni dei fatti, che per quanto goffe, sono state organizzate secondo rappresentazioni per lui giuridicamente più favorevoli”. Hanno osservato inoltre che “La mattina in cui è avvenuto l’omicidio di Noemi Lucio non ha mai perso il contatto con la realtà. Inoltre il contesto imminente e susseguente l’omicidio, di contro, è organizzato e finalizzato alla cancellazione delle prove, al depistaggio delle indagini”.

L’Appello si era basato anche sulla esclusione della contestazione della premeditazione che i giudici hanno ritenuto infondato, sulla base di diversi elementi raccolti durante le indagini. Tra questi una serie di frasi che dimostrano come Lucio avesse la volontà di annientare Noemi, che, se non più sua, non sarebbe dovuta essere di nessun altro. Come riferisce un amico di Lucio: “Io gli dicevo: se non la vuoi lasciala, lui: no, deve pagare per quello che ha mi ha fatto. Gli dicevo: poi finisce che ti mettono dentro… lui rispondeva: no io sto coperto perché non sto bene con la testa”.

Sussistono inoltre i motivi abbietti e futili. Secondo i giudici “Lucio agì per spirito di sopraffazione del tutto sproporzionato rispetto all’assoluta gravità del fatto”, così come si torna a ribadire la crudeltà con la quale Noemi fu uccisa e poi seppellita dalle pietre, ad esalare, sotto i suoi occhi l’ultimo respiro. Inammissibili quindi anche le richieste della difesa circa l’invocazione delle attenuanti e messa alla prova: “Il brutale omicidio di Noemi, commesso con lucida premeditazione, costituisce manifestazioe estrema di una personalità orientata all’uso della violenza e alla prevaricazione, quale usuale metodo di soluzione delle tensioni e dei conflitti. L’ossevazione della sua personalità – scivono i giudici- non lascia intravedere in alcun modo segnali sui quali fondare un giudizio favorevole sulla possibilità di un suo recupero. Lo confermano anche gli atteggiamenti tenuti in carcere, come la colluttazione con un altro detenuto che il ragazzo aveva tentato di colpire con un manubrio di ferro sottratto dalla sala pesi (episodio avvenuto nel settembre 2018) con il chiaro intento di punirlo per aver avuto comportamenti poco corretti nei suoi confronti. Tutto ciò comprova la permanenza di tendenze antisociali e la propensione a concepire la violenza come naturale modalità relazionale”.

A rapprestare la famiglia di Noemi gli avvocati Mario Blandolino e Francesco Zacheo.

M.C.

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