LECCE – Meno falegnami, fabbri e meccanici e più tatuatori, parricchieri e addetti al benessere. L’artigianato in provincia di Lecce “cambia pelle”. Il report stilato dalla Camera di Commercio parla chiaro: dal 2009 al 2018 il territorio conta 2mila imprese in meno. Le contrazioni più consistenti riguardano i settori tradizionali: quello manifatturiero e i servizi legati alla ristorazione e alla ricezione turistica.
Attenzione però: l’universo artigianale, che in questo territorio ha radici ben affondate, piuttosto che scomparire sembra evolversi, viaggiare di pari passo con i tempi.
A confermarlo sono i dati in positivo. In primis l’incremento delle attività imprenditoriali, passate da 2.780 (nel 2009) alle attuali 2.900 imprese. Crescita, questa, imputabile in gran parte alle attività legate alla cura della persona (parrucchieri, barbieri, manicure e pedicure, centri estetici) passati da 1.906 a 2.080 con un incremento, nel decennio, pari al 10%.
Un trend che conferma quanto rilevato a livello nazionale: un vero e proprio rinnovamento del settore, nel tentativo di adeguarsi alle nuove richieste del mercato. Tra le attività artigiane che negli ultimi 5 anni sono cresciute maggiormente ci sono i pastifici, i tassisti e le attività di noleggio con conducente, i tatuatori e i giardinieri.
Ad aver perso “appeal” tra gli artigiani leccesi sono gli imbianchini, i falegnami, i piastrellisti, i vetrai e i meccanici , i fabbri e in misura minore le lavanderie, sarti, tappezzieri, scalpellini ed elettricisti.
La lunga crisi attraversata dal comparto edilizio, negli ultimi anni, è certamente una chiave di lettura da fornire a questa inversione di tendenza. Il risultato? Per rifarsi il look dalla testa ai piedi in futuro ci sarà l’imbarazzo della scelta. La vera sfida, invece, consisterà nel “procacciarsi” le maestranze per riparare un guasto in casa o all’automobile.
E.Fio