LECCE- Quattro Comuni prendono le distanze ufficialmente dalla criminalità organizzata e dai suoi presunti esponenti. Con delle delibere di giunta decidono di costituirsi parte civile nel processo a carico di 17 imputati nel processo nato dall’operazione Labirinto dei carabinieri che il 2 luglio del 2018 aveva smantellato un presunto gruppo criminale , erede del clan Tornese, e portato in carcere 33 persone accusate di associazione mafiosa finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti. Si tratta dei comuni di Carmiano, Lequile, San Cesario e Monteroni, che con gli avvocati Alessandra Viterbo, Americo Barba, Simona Mancini e Tony Indino hanno chiesto nell’udienza in Aula Bunker, di fronte al gip Saso, di costituirsi parte civile. Richiesta che sarà affrontata nella prossima udienza del 20 febbraio. L’operazione aveva individuato all’epoca dei fatti due diversi gruppi con due presunti capi: Vincenzo Rizzo, operante nell’area di San Cesario, San Donato e Lequile, con influenza anche a Gallipoli, e Saulle Politi, attivo a Monteroni, Arnesano, San Pietro in Lama, Carmiano, Leverano, Porto Cesareo. Personaggi, secondo gli inquirenti, capaci anche di fare impresa con attività di tipo imprenditoriale. Il 31 gennaio le amministrazioni interessate con i sindaci Giancarlo Mazzotta, Antonio Caiaffa, Fernando Coppola e Angelina Storino hanno deliberato l’affidamento degli incarichi agli avvocati ritenendosi quindi parte offesa nel processo in abbreviato che riguarda gli imputati per i quali la procura, nella persona del pm Valeria Farina Valaori, ha chiesto il giudizio immediato. Tra questi lo stesso Saulle Politi di Monteroni.
Tra i nuovi atti depositati dal pm Valeria Farina Valaori ci sono anche alcune dichiarazioni rilasciate dal pentito Tommaso Montedoro e, proprio per consentire alle parti di prendere visione della nuova documentazione, il processo è stato rinviato dal gup Maurizio Saso al 20 febbraio
