ROMA- La mediazione tra le due anime del governo, Lega e M5s, ha prodotto un accordo blocca-trivelle per 18 mesi. È la metà di quanto previsto il 9 gennaio scorso, quando il sottosegretario al Mise Davide Crippa ha annunciato una moratoria per tre anni.
La bufera si era scatenata dopo la pubblicazione di tre permessi di ricerca petrolifera al largo di Leuca sul Bollettino dell’ultimo dell’anno. Dopo le frizioni degli ultimi giorni, con il ministro all’Ambiente Sergio Costa che ha puntato i piedi, nella notte è arrivato il via libera all’emendamento da presentare al dl Semplificazioni, che dovrebbe arrivare in Aula lunedì per essere approvato martedì.
Dunque, da un lato c’è la sospensione per un anno e mezzo delle ricerche di petrolio, in vista dell’adozione del Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (PTESAI), strumento che consentirà di individuare le aree in cui consentire in futuro le trivellazioni e quelle invece inidonee.
Dall’altro lato, c’è l’aumento di 25 volte dei canoni per coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi . Anche qui si è dovuto mediare tra i due gruppi: i pentastellati avrebbero voluto royalties superiori di 35 volte. La pochezza di quei canoni che le società petrolifere devono corrispondere è stata denunciata da Telerama anche in riferimento ai permessi di ricerca al largo di Leuca: appena 11.471 euro all’anno per i 2.223,2 km2 che si vorrebbero esplorare.
L’aumento dei canoni, come ha sottolineato il ministro Costa, “non è poco, considerando che le royalties per le estrazioni in Italia” finora sono state “le più basse d’Europa”.
La Lega ha confermato l’accordo, ma ha sottolineato anche la crescente irritazione per il “partito del no”: sono stati “salvati i posti di lavoro – hanno detto dal Carroccio – è stata garantita continuità di estrazione e rinnovo delle concessioni in proroga ma la politica del no a tutto non fa bene al Paese”.
