LECCE/BRINDISI- Oltre al danno, anche la beffa: le immagini degli operatori dello scalo di Brindisi, costretti a sghiacciare gli aerei con delle secchiate d’acqua calda, hanno fatto il giro d’Italia e sono di certo uno spot negativo per il Salento. Sono, però, anche la cartina di tornasole di quanto quell’aeroporto sia considerato secondario rispetto a quello di Bari. E, in fondo, è quanto la società Aeroporti di Puglia ha implicitamente ammesso nella nota con la quale ha spiegato che l’unico macchinario speciale per sgelare i velivoli è in dotazione a Bari perché questo “rientra nella logica di ottimizzazione delle risorse”.
Paolo Pagliaro, dirigente nazionale di Fi e presidente del Mrs, lo aveva rimarcato appena il parlamentare forzista Mauro D’Attis ha sollevato il caso, venerdì: se Aeroporti di Puglia, assieme ad Acquedotto Pugliese, entrambe spa regionali, hanno nei giorni scorsi deliberato il loro ingresso come soci sostenitori nella Fondazione Petruzzelli, impegnando 900mila euro per i prossimi due anni, vuol dire che le risorse le ha. E a questo punto sarebbe più coerente impiegarle per attrezzare meglio lo scalo brindisino. Per Pagliaro, quanto accaduto venerdì è “l’ennesima prova dell’emarginazione del Salento”. Basterebbero le immagini surreali delle secchiate sugli aerei “per confermare l’inadeguatezza del management di Aeroporti di Puglia”. Si insiste sulla richiesta di dimissioni. Intanto, il caso è pronto ad approdare in Parlamento con un’interrogazione al ministro dei Trasporti Danilo Toninelli e, probabilmente, anche in Procura. In attesa che anche la Regione, socio di maggioranza, faccia la sua parte.
